Un’ avventura unica, ogni giorno una nuova scoperta. Ricordo il mio primo momento sui campetti USA, la sensazione di stupore che ho provato in quel momento era indescrivibile, mi trovavo in un mondo nuovo, quasi alieno ma che ti fa apprezzare anche le piccole cose della vita quotidiana. Ho incontrato persone che probabilmente non avrei mai conosciuto. Ho vissuto giornate infinite e ricche di esperienze. La vita prende forma in base a come la guardi. Ho conosciuto persone con storie incredibili che mi hanno fatto comprendere quanto spesso i nostri limiti siano solo auto-imposti perché non conosciamo altro o non ci diamo l’ opportunità di scoprire altro.
Cercavo l’ avventura, il cambiamento radicale e la sfida di adattarsi ad un ambiente completamente diverso, ma la sfida non era solo quella di adattarsi ma anche di essere accettato e di far parte di un luogo così eccezionale. Il ‘basket’ in Italia ha regole scritte e non scritte, convenzioni e pratiche che sono tenute ‘in essere’ da persone, ‘leggi, regole del gioco e un organo di governo’. Avrei dovuto dipingere tra le righe. Volevo cambiare le cose. Celebrare il basket e farlo uscire dall’ ombra del ‘dovuto convenzionale’. Ma ero preoccupato di cosa avrebbero pensato gli altri allenatori e preparatori se fossi andato contro il modo stabilito di fare le cose. Così mi sono spostato ai margini del basket convenzionale.
Ho iniziato a lavorare nel basket d’ azione e d’ avventura, una frontiera dove sembrava che le regole fossero ancora in fase di scrittura. Non sto scappando da qualcosa, piuttosto, sto cercando qualcosa. Sono sempre alla ricerca di nuove esperienze. Il mondo è troppo grande per restare sempre nella propria zona di comfort. Mettersi in gioco è fondamentale per scoprire i propri limiti.
Il processo cestistico andrebbe osservato come si osserva la tela di un quadro non ancora dipinto. Chi osserva un quadro dipinto non si concentra sull’ ordito della tela, ma su forme, colori, prospettive. Si fa attrarre dalle suggestioni tra abbinamenti cromatici e formali che offre il pittore, dal racconto visivo che vive nel quadro. Ma qualsiasi visione senza un supporto, non solo la tela, fosse anche l’ aria, sarebbe impossibile.
Con questo lavoro vorrei raccontare non solo la pallacanestro ma l’ uomo, la sua organizzazione emotiva. Vorrei raccontare, ad esempio, che le nostre esperienze intime e di relazione si attuano con un procedere un passo alla volta. Possono certo sfumare l’ una nell’ altra, ma non le possiamo provare contemporaneamente. Voglio mostrare il loro potere come una debolezza e la loro debolezza come un potere, mirando a smantellare i binari semplicistici che dominano il discorso pubblico.
Il mio approccio non è quello di dettare l’ interpretazione al lettore, ma di provocare pensiero ed introspezione sulle complessità dell’ identità e della connessione umana.
Più storie raccontiamo, più completo sarà il quadro che potremo costruire.
Quella 'tela' che dà vita ai colori emozionali del Basket.