La sfida non è scoprire il significato della vita quanto piuttosto darglielo.

Look inside


Semplicemente una riflessione a “voce alta”, un desiderio di esprimere un vedere il Mondo, la società attuale attraverso “gli occhi” dei ragazzi, attraverso il loro sentire ed il mio aver viaggiato. Semplicemente voler dare un momento di riflessione sul nostro fallire come genitori, come adulti, come allenatori, come chiesa, come società, come scuola. Semplicemente un momento, per rispetto a coloro che ogni giorno subiscono “situazioni” e/o sono coinvolti in “situazioni” causate dalla superficialità, mediocrità di certe “realtà sportive”, di certi adulti aridi, per tutti coloro che hanno avuto la “vita fermata” da questa sete di potere e di fama ottenuto sulla vita dei ragazzi.

E’ il racconto di un viaggio nella mente creativa dell’ anima, nella sua profondità. Il coraggio di aprire le porte al prossimo, di spogliarsi davanti al mondo, di combattere senza paura e di essere ruvidamente se stessi, senza anestesia.

Qui è incredibilmente silenzioso, poi appare l’ ombra di un ragazzo, insieme alla sua anima. In fondo agli occhi e nel profondo del suo cuore c’é un mondo di dolore, paura e oscurità. Se tu volessi, potresti davvero capire cosa prova dentro ... il respiro diventa corto. Senti la sua storia fra le tue dita.


Un saggio all’ avanguardia di
Claudio Ciceri

Un libro per i lettori più audaci, più “allenati”. Un’ esperimento stilistico, scritto in maniera non convenzionale, impossibile da inquadrare in un genere dato che “avanguardia” significa proprio mischiare generi diversi.

Translation
Kevin Patterson, Adrien Roger

I° Edition - Printed in Italy - February 2019 [I° Edizione - finito di stampare Feb. 2019] Base Graphic Management, Mariano Comense Via Pio X, 27 - IT


La Vita, lo Sport e il suo Stercus

Il Titolo

Vita, la vita ha un corpo, la vita ha una sua dimensione su questa terra e una sua spiritualità e come tale, degna di rispetto nel suo senso più lato.

Sport, inteso come momento di “formazione” [non educazione vocabolo usato da molte “realtà sportive”, in quanto solo la famiglia, secondo me, può educare non essendo altri titolati a farlo, ma oramai tutti ne hanno diritto … parrebbe. EDUCARE. L’accento cade, di volta in volta, sui valori etici dell’educare o sui contenuti del sapere da trasmettere e acquisire, sulla necessità di promuovere la formazione del soggetto, la sua autonomia e libertà ovvero di assicurare l’integrazione dell’individuo nella società tramite l’assimilazione di modelli e comportamenti che ne garantiscano la conservazione e lo sviluppo. Se così E’, [non uso il condizionale] ben pochi, oltre alla famiglia, sono titolati a farlo] ai valori del rispetto, dell’ Amicizia, dell’umiltà, del confronto, della fiducia e del dialogo, nonché dello sviluppo delle proprie abilità fisiche, della conoscenza e della padronanza del proprio sapere ed essere.

Stercus, per estensione la parola assume una connotazione più ampia e viene ad indicare la persona che si adegua per interesse alle circostanze, cambiando “opinione o partito” con estrema leggerezza e velocità nonché chi dalla sua frustrazione si auto proclama “capace” e portatore di “verità”. Non dovete prenderlo alla lettera ma come affermazione disinibita del sacro ed inalienabile diritto di sopravvivere, per interesse, per convenienza, per comodo o semplicemente per esaltazione del proprio ego. E’ sicuramente un diritto nostro cercare di arrabattarsi entro il recinto della libertà dei “moderni educatori” anche se, guardando un po’ più a fondo, la violenza e l’ipocrisia del “mio comodo, della mia convenienza, del mio interesse, del mio vendermi, del mio ego” diventa spesso “morte" del subente, ma questo è un diritto non necessitante trovare giustificazione davanti al Tribunale della pubblica morale, semplicemente solo davanti alla propria coscienza. Certo è che la sterilità del proposto trova sua conformazione nel “crescendo” con le prime avvisaglie nella finestra scolastica e sportiva che dettano il malessere colto.

Lo status quo non forma grandi Giocatori ne cambia il Mondo dei Ragazzi, anzi ...


Prefazione

My World - Essere Allenatore ... dal 1980

Più il viaggio sarà lungo più bella sarà la storia da raccontare.

Una presa di coscienza. Un libro da leggere solo se di mente aperta. Una lettura adatta a chi cercherà di cogliere il detto fra le righe senza soffermarsi al vocabolo nel suo significato puro, si perderebbe ciò che invece lo “scritto” vorrebbe esprimere. Attenzione particolare forse andrebbe data al “virgolettato”, alla punteggiatura, al corsivo, al grassetto, alle fotografie e al loro inteso, alla capacità di “vedere ed ascoltare il vento” che è ciò che condurrà il lettore al valore nascosto … “Un Pensiero per la vita”.

Il racconto. Ruvido, crudo, impetuoso, diretto, schietto, a volte narrativo e a volte filosofico ad esprimere concetti, non verità assolute, concetti che seppur leggono una verità di vita di 39 anni di campo con i ragazzi, hanno il solo scopo di portare a riflettere il lettore, a far comprendere che varie anomalie proiettano i ragazzi verso un progetto fallimentare. Potremmo dirci milioni di parole e usare altrettanti paradigmi, cercare giustificazioni scientifiche o tecniche, psicologiche o di parte in questa situazione di disordine e confusione, ma credo uno solo sia il sentiero da percorrere per modificare la situazione, ritrovare la nostra spiritualità, la nostra Legge Morale. Lo sport oggi, l’opposto del suo significato antico quando la percezione tattile era parte di esso in quanto il piede nudo era apprendimento di postura, di sentire e percepire, quando Sport era uso e impiego del corpo, quando lo Sport definiva il superare i propri limiti. Lo Sport nasce per vivere, vivere sinonimo di caccia, vivere sinonimo di sopravvivenza letto come riuscire a sfuggire dai pericoli. Col tempo si trasforma in abilità individuale, abilità del corpo e della mente. Diventa ricerca di adrenalina, diventa passione, diviene ricerca di qualcosa di speciale ed unico, dove abilità e potenza assurgono ad arte. Lo Sport segnava la vita, cercava e definiva il rispetto di se stessi, scandiva la quotidianità, scandiva il futuro. Era la sfida con se stessi, ti portava a cercare l’armonia del corpo, la sua perfezione estetica. Lo Sport definiva la propria originalità. Lo Sport serviva a migliorare e a superarsi. Senza record, in fondo, non ci sarebbero emozioni, suspense, e di riflesso nessuno spettatore negli stadi. Oggi lo sport altro non è che un antico monumento eretto nel passato a testimonianza del suo essere divertimento e corpo, nel suo essere arte e sfida. Oggi, spessissimo, è letto semplicemente come esaltazione della frustrazione e dell’ego di quella moltitudine di individui che si ergono a pseudo allenatori coartando nell’ intimo la Passione, la Creatività, il Futuro dei ragazzi. Per essere verità e definirla tale, cerchiamo di leggere il contenuto del libro con mente libera e aperta cogliendo l’assoluto usato nel suo essere concetto, non regola. Ad aneddoto, quanti di voi hanno bimbi di 8/9 anni allenati da 16enni? Certo, non nego l’impegno del ragazzo a 16 anni, anzi, ma evidenzio che non ha le caratteristiche tecniche ne la capacità di pensiero per essere allenatore, è ancora lui “atleta”. Allenare non è come fare ripetizioni di aritmetica/matematica a 16 anni ad un bimbo di 8 anni, qui servirebbe solo conoscere le tabelline e le 4 operazioni, null’altro è richiesto. Allenare è complesso e necessitano molteplici attitudini che per palesi e reali motivi non si possono avere a 16 anni. Forse, e tale è per me, questa stranezza andrebbe letta come prolungamento delle ore trascorse alla scuola elementare dove sport diventa giocare a qualcosa di indefinito, non coordinare un corpo, non abituare la mente ad essere, non a costruire una persona nel valore dello sport. Meramente gioco. Ben venga il gioco, è essenziale per crescere ma allora non definiamolo sport dilettantistico in quanto questo deve formare corpo e mente, definiamolo per ciò che è, gioco, passatempo. Sicuramente molti staranno pensando che, come sopra detto, il gioco è componente basico nel crescendo ma sport, nel suo antico e vero significato, traduce emozione, interpreta tutto quello che rende meravigliosa l’ infanzia e l’ adolescenza. Il gioco lo pratico al parco, quando pago per uno sport, questo deve essere interpretativo del mio futuro di uomo. [Inverso, pensare alla considerazione dell’ Atleta proposta, se interessasse, necessiterebbe riflessione]

La copertina. Una spiegazione, una visione sul contenuto. Dipingo una tela, la mia tela ed il mio vedere e tra le mie pennellate cerco sempre il rispetto del mio vivere, della mia quotidianità che a specchio della società odierna poco trova ombra. Colgo nella tumultuosa ipocrisia che respiro nel mio girovagare, l’ essenza di un tempo che ha smarrito il suo scandire crescita. La grafica gioca con la fantasia cercando di descrivere il senso profondo che dovrebbe essere visibile a tutti, un fulmine [il fulmine dell’aridità dell’anima che dopo aver toccato il mondo tende all’infinito] e a seguire un mondo buio e in fiamme a descrivere la sua solitudine e le sue ansie, eppure nessuno le vuole vedere, sicuramente diventa più facile e molto più comodo, eppure l’ umano è sempre pronto alla critica meschina, alla “bestemmia” cultural-sociale appena “lo stesso” gli si rivolta contro. Un retro diverso nei colori, dal nero con un mondo sempre più in fiamme a significare il risultato cui andremmo incontro perseverando nell‘attuale mediocrità e aridità di pensiero e del fare, fino ad un angolo bianco a creare nuovamente una speranza con un aforisma per la vita che andrebbe ... “colto”. Il dorso del libro, il numero “7”, un numero che esprime globalità, equilibrio perfetto e rappresenta un ciclo compiuto e dinamico. Per gli Egizi simbolo di vita in quanto unione del ternario divino con il quaternario terrestre, a partecipare alla duplice natura dell’ uomo, fisica e spirituale. Consapevolezza che ci immette in quel percorso di conoscenza di se stessi, alla ricerca della verità che deve andare oltre il mondo materiale, oltre l’ apparenza convenzionale portandoci a concepire la nostra persona come importante e non strumento in mano ad altri.


L' Ego

Capitolo 6- Dietro la Corona

"Ho viaggiato e non ho più colto quella sensazione di totale assenza di confini che solo la palla mi restituiva ogni volta che la prendevo in mano. Ogni momento, di quell’epoca che appartiene ad un passato meno recente, aveva una storia e ogni movimento aveva un compagno di squadra ideale ... aveva”.

Perdonate se riprendo un argomento trattato pagine addietro ma necessita sottolineare l’importanza di un fatto per comprenderne il disastro che esso comporta e determina e perdonate il discorso in senso lato dove “passato” viene usato come assoluto. Chiaramente non è così nei fatti ma vorrei generalizzare per porre enfasi sul concetto e concedetemi “l’ urlo” duro e schietto, che definisce la mia persona sempre, dello scritto. L’essere morbido non è parte dello scrivente, sono estremo in tutto, già detto, del resto quando l’arto è in cancrena poco serve il panno caldo adottato da coloro in cerca di non prese di posizione. E, come da prime pagine, cercate di leggere il senso dello scritto, non il vocabolo. Sono semplici pensieri, non verità assolute, considerazioni su cui riflettere a mente libera, senza preclusioni o preconcetti che sono sempre parte di schieramenti. Non si giungerebbe a cogliere il voluto. La solitudine dell’anima che riscontra la sua verità nel proferito giornaliero, nella discussione nel suo senso più lato, tradotta sempre al soggettivo di chi riesce a spostare su “il mio” ogni testo, ogni argomentazione. Tutto si riflette sempre sull’ IO come se solo questo avesse valore nel nostro quotidiano [e così è, in senso lato ovviamente, inutile asserire il contrario, sarebbe semplicemente falsità imbarazzante] e ciò che addolora di converso chi apre le porte al mondo, è cogliere che questa solitudine è oggi parte integrante del vivere dei ragazzi [e non solo] che davanti a domande semplici continuano a “smanettare”, occhi bassi, sullo schermo del cellulare unico loro interesse, freddo certamente, ma unico amico odierno non avendo altri riferimenti, unico appiglio al vuoto che li circonda, un vuoto di futuro che affrontano tra splendide fantasie di sogni futuri e imponenti sentimenti di vuoto assoluto e di noia. Non c’è da stupirsi della disgregazione sociale in atto, come non c’è da restare esterrefatti dalle dinamiche negative che questa solitudine accompagna. Sempre più attuale diventa egoismo ed esteriorità, sempre meno attuale diventa evoluzione e spiritualità.

Stupente la processione verso la cattedrale religiosa ove moltitudini di contraddizioni si accodano a vetrina del “dovuto”, a mostrare ciò che l’oggettivo urlando nega. Ecco cogliere nel ritratto sociale l’ aridità dell’anima che descrivo in precedenza, che dipingo nella mia copertina, di cui probabilmente il lettore ne urlerà disprezzo ma altrettanto tangibile resta il fatto oggettivo che ancorché non voluto vedere, resta mobile nel quotidiano vissuto. [basta camminare per strada per coglierlo] Interpretare il momento si rende essenziale, definire interventi è imposto, fermarsi a dare espressione di contenuti obbligo. Questo il paradigma per coloro che del “vivere” cercano coniugazione declinata al tempo futuro, questo il respiro della vita che andrebbe elargito a chi oggi cerca un domani. Riflettere sulla nostra aridità di pensiero credo sia motivo imprescindibile per famiglie, istituzioni in genere, scuola e sport se davvero si volesse porre freno all’ illogicità del periodo storico attuale. Togliere l’ “IO” e cominciare a pensare al “Noi” o al “Voi” o al “Loro”, togliere la cecità meschina dal pensiero giornaliero ed incominciare a creare dinamismo e confronto senza diseguaglianza, concedendo al ragazzo/bimbo di capire, di acquisire, di creare, di cavalcare l’ onda della vita. Essere esempio non confusione ed oggi poco esempio propositivo si trova. Sufficiente è camminare per strada per entrare in possesso di una verità maledetta che contribuirà a modellare il vissuto del ragazzo. Dal “passato” il ragazzo coglie le storie maleducate, egoiste, impossibili, illecite, insulse, frustrate, false [nei fatti visivi comportamentali] che col passare del tempo diventeranno inquietanti paralleli con il suo essendo [spesso purtroppo … ed uso il gerundio a significarlo, a precisazione di un participio presente in via di decadenza]. Cercherà “parole” che non esistono, fino a “parole estreme” per descrivere la sua vita, scrivere il suo libro. Ogni libro, del resto, possiede un’anima, l’anima di chi vivendo lo ha scritto e l’anima di chi “leggendolo” ne coglierà il significato e le motivazioni. Saper scegliere quale volume cogliere dallo scaffale della libreria “della vita” è interpretazione soggettiva dettata dal valore acquisito nei primi anni di vita, e saperlo scrivere sarà compito difficile se non aiutato dal “formatore” che incontreremo lungo il nostro cammino sperando di identificare in esso chi ci aiuterà a mantenere viva e a conservare la nostra personalità. [E torno ad evidenziare il mio terzo capitolo dove esaltavo il “potere”, il potere dell’aridità dell’anima che a tutela della sua frustrazione cerca solo podio per il suo IO] Non resta che sperare di avere sempre tra le mani libri e formatori di sogni e desideri, non di povertà intellettuale e mediocrità d’ anima.

Passeggiando per strada si coglie l’ odore intenso della meschinità di chi pronto alla critica sullo schiamazzo del bimbo giocoso propone la sua auto in sosta vietata, ma …”due minuti devo acquistare …” … e l’attenuante a sua difesa corre in aiuto come colui che in auto investe sul marciapiede l’atleta … “devi andare più piano cogl….” … ma se sono sul marciapiede!? [Una stradina secondaria porta l’accesso, con Stop ben evidente sia riprodotto a terra sia con due bei cartelli stradali ai lati destro e sinistro, da una proprietà alla strada principale attraversando una ciclabile/marciapiede] Camminando per strada si coglie l’ odore intenso della povertà intellettuale di chi pronto alla critica sul bere o fare dei ragazzi trascorre il suo tempo seduto al bar, elegante esempio di contraddizione che sul …”noi beviamo caffè non alcool” … non coglie il fatto che 8 ore in un bar spendendo 1 euro toglie al proprietario l’ incasso che quella sedia dovrebbe portare. [vorrei evidenziare che ogni posto a sedere in un locale deve rendere un tot annuo e occuparlo non rende ciò possibile] Al mio spiegare che occupare un posto senza consumare significa togliere utile al titolare, segue l’ imbarazzante risposta ...”guadagna già abbastanza” ... [qualcuno si erge a titolato nel definire quanto puoi guadagnare e, ritenendo il tuo compenso congruo al tuo fare, decide che può “toglierti qualcosa”] Forse “rubare” [forse rubare non è vocabolo corretto, per me lo è, ma sicuramente non è rispetto ne attenzione] definisce una condotta di vita meno deprecabile del bere alcool a 15 anni per alcuni, ma i ragazzi colgono ciò che l’ esempio esprime e colgono la falsità quanto inutilità della tua asserzione ... e comunque volessimo leggere questi esempi, certezza è che il “passato” non forma ai valori del rispetto, semplicemente all’ “IO”, all’ IO per interesse, per comodo, per opportunismo e allora forse criticare il ragazzo e/o colui che per interesse, per comodo, per opportunismo modificando il suo vedere, si ripropone con variabili sue al vivere sociale ... ZITTI non esiste coerenza per parlare, non esiste diritto per osservare. [mi chiedo sempre dov’è la chiesa] Ah già, … “il mio è meno del suo” … scordavo questa stranezza del “passato”, la stranezza che consente al meschino di quantificare e qualificare il danno a proprio piacimento quindi ciò che io propongo è meno riprovevole del loro … imbarazzante sintesi di coloro che non donano intelligenza al proferito … ne verità. Sembrerebbe che, ad esempio, rubare non sia più un valore oggettivo, ma si proponga soggettivo e rilevi la sua importanza solo sul quanto. Se rubo 1 non è rubare perché tu hai rubato 100 … quindi io giustifico la mia aridità cercando semplicemente una percentuale di difetto maggiore nell’altro, semplicemente si trasforma oggi il valore, non esiste più l’assoluto “non rubare” settimo Comandamento, ma esiste il comodo. A evidenza e a spiegazione per chi dalla chiesa esige semplice esteriorità … “Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti: non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, onora il padre e la madre, ama il prossimo tuo come te stesso” [Ref. Vangelo di Matteo 19,17-19]. E il furto non è solo di cose, di denaro, di proprietà, di lavoro. Esso può anche riguardare il pensiero, la libertà, il cuore, la fede, la pace, l’amore. Così è furto levare l’onore a un uomo, [o a un ragazzo] la dignità a una donna [o a un ragazzo], la tranquillità a un familiare [o a un ragazzo], la fede a un credente, l’innocenza a un bambino [o a un ragazzo], la paternità o la maternità a un nato, la speranza a un anziano [o a un ragazzo], la moglie a un marito, l’affetto a un bisognoso [o a un ragazzo] [Ref. Secondo Libro di Samuele 11,2-4 – (o a un ragazzo ref. Lo scrivente)].

E anche qui vorrei riportare la mente al capitolo “Lo Stercus” dove evidenzio, documenti alla mano, la filosofia che, a mio giudizio, poco segue questo piccolo Comandamento nel suo essere, forse perché non conosciuto, forse per semplice comodo, forse per semplice … Imbarazzante poi colui che propone violenza, perché tale è, nel fatto ritenuto per lui normale, ad esempio posteggiare la propria autovettura ostruendo vialetto per disabili per poi offendersi al … “maledetto bastardo” … elargito dal subente il parcheggio illogico. Domanda che sorge spontanea … “ma TU che stupri col tuo fare tutto e tutti cosa usi per avere il coraggio di alterarti alla reazione di colui che da te subisce violenza?” … l’intelletto sicuramente è assente, i valori sconosciuti, la capacità di vivere in un posto dove l’umano conta due impensabile e allora? Qual’ è il segreto celato tra le pagine del libro della tua mediocre vita? Dovresti almeno sapere che la legge tutela il diritto “alla legittima difesa”, sicuramente non il diritto alla “violenza”. Su questa illogica filosofia di vita il “passato” propone la sua squallida ipocrisia sottolineandone chiaramente la falsità che letta dai ragazzi si traduce in violenza, in droga, in alcool. Tu “passato”  sei la colpa, [o ne hai grande parte comunque] tu che del tuo fare cerchi sempre giustificazione cogliendo in chi è peggio di te l’ attenuante. Non è perché tanti lo fanno o perché anche altri lo fanno che il tuo operare diventa corretto, appaga forse solo la tua mediocrità.

Camminando per strada ho “letto” varie storie che pare rappresentino il nuovo modo di concepire la propria vita, un “luogo” dove l’ esterno è reciprocamente il risultato dell’ interno e il valore dell’ anima procede da dentro a fuori. Il nuovo stereotipo di “vita”, per condizione di naturalità e convenzione sociale, si trova a dialogare con un referente, il ragazzo, scevro di significato compositivo per la società pensata dall’ Ego, ed il credo principale di chi si oppone a questa dottrina è basato sulla volontà di creare riflessione sul risultato cui si andrà incontro, anche se ben si distingue oggigiorno il segno inequivocabile del problema. Una delle tante “storie” quotidiane: ad un crocevia di Milano [Via Boscovich angolo Via Mauro Macchi] assisto ad un incidente tra una ragazza in scooter che, non rispettando lo stop, all’ incrocio entra in collisione con un’autovettura che stava sopraggiungendo. Nessun grave danno alle persone, solo ai mezzi grazie al cielo. La ragazza ancora a terra chiede subito scusa alla conduttrice tremante dell’autovettura scesa immediatamente a prestare soccorso ed ecco … dietro la moto un’auto e dietro a questa una seconda vettura la cui donna al volante scende urlando … “c...o sposta quella macchina che devo portare i miei figli a scuola” … due bimbi piccoli di 3/5 anni ca. sul sedile posteriore [la ragazza era a terra e avendo davanti un’altra auto, la “stranezza” non aveva modo di vedere se questa fosse morta, ferita o altro] a voi significare l’episodio, solo mi chiedo quanto ci costeranno i figli [molto probabilmente] di questo “fatto” perché certezza è che saranno a carico nostro le illogicità che essi, avendole apprese dalla “stranezza”, riproporranno fra qualche annetto. Per me è il quotidiano egoismo, la quotidiana aridità, la società odierna, semplicemente l’ “Io” o “Ego” con cui intitolo questa paragrafo, semplicemente la droga, l’alcool, la violenza oggi in “mano” ai ragazzi. Non esiste più il vocabolo “scusa” si è smarrito, si deve essere perso secondo me quando abbiamo smesso di sognare e di identificare nel “Creatore” il punto di riferimento della nostra vita, della nostra spiritualità che, ancorché non riconoscibile in Lui per molti, resta comunque unica logica per dare senso al cammino nostro su questa terra. [Ognuno trovi il proprio significato o “immagine” al vocabolo Spiritualità]

Tra le mie camminate per strada mi soffermo davanti alle chiese e osservo, osservo e rifletto, rifletto e faccio confronti con il passato. Con la mente ripercorro l’ album fotografico delle Cattedrali e Templi di ieri, e per ieri intendo qualche migliaia di anni addietro. Cerchiamo di rivederli insieme. Ricordate i templi Egizi, Romani, Greci, le Cattedrali Cristiane dei tempi più recenti, la loro imponenza, la loro dimensione? Tutto a significare l’ importanza del Divino, a prescindere quale fosse il Divino, nei confronti dell’ uomo ed un percorso esterno, viale con sfingi o altre statue per l’ Egitto, piuttosto che scalinate per il tempio Greco o percorsi anulari per il tempio Romano, realizzati a preparazione all’ incontro con il Divino. Importante comprendere il significato e l’ importanza del Divino/spiritualità nella vita di ieri e del percorso pre-incontro con la Divinità che serviva a preparare l’anima del devoto prima dell’entrata nella casa di quest’ultimo. Torno ad oggi, osservo e rifletto … percorro il marciapiede, il passaggio per tutti non solo per chi incontrerà il Divino e arrivo all’ingresso della chiesa, portone quasi sempre chiuso quasi a … “non entrare, non sei il benvenuto” … ma ciò che mi affascina è trovare sempre ai lati del portone [se non addirittura sul portone] bacheche proponenti varie attività, manifestazioni, eventi … e rifletto sulla chiesa di oggi prostratasi alla pubblicità definendo, almeno nel mio vedere, l’ importanza di questa che precede l’entrata all’incontro col Divino definendola primaria. Sento … “La collaborazione, pubblicità e sponsorizzazione tra diversi enti è fondamentale in quanto utili a tutti” … da lontano come riscontro al fatto. Rifletto sul sentito che ritiene che essendo inerenti lo scopo istituzionale della chiesa, trova logica la loro posizione in quanto il “fedele” deve essere informato anche dei servizi di quest’ultima. Rifletto e … appunto servizi, servizi, servizi che nulla hanno a che vedere con l’incontro con il Creatore in quel momento, servizi che la chiesa promuove al di fuori e/o a latere del primario … DIO che come sopra detto, grazie a questa filosofia sempre in cerca di attenuanti oramai parte di tutto ciò che facciamo, è stato relegato a comparsa a scapito della sponsorizzazione, pubblicità e collaborazione fra vari enti. Forse la preparazione all’incontro con Dio oggi non ha più il significato ne l’ importanza che ieri riceveva, sicuramente è oggi essenziale far conoscere la gita o la raccolta alimentare o l’ orario del catechismo. Cara spiritualità, hai perso posizione col tempo e non ti sei neanche accorta della tua attuale posizione nella bassa classifica con il rischio di retrocessione nell’oblio e si che di segnali ne hai quotidianamente dai ragazzi, dalla storia, dal “passato”. Ora, in un mondo strano come il nostro attuale, fatto di materialismo, egoismo, avulso da violenza e dolore, da cecità dell’ anima, un mondo costruito sull’ Io, sull’ Ego dove tutto deve essere fine ad esso, capisco che vivere secondo gli “insegnamenti dell’ Anima” non sia così semplice, soprattutto grazie anche al non aiuto di una chiesa oramai assente e non propositiva che chiude le porte adducendo “rubano” [verità ma non può, o non dovrebbe, essere scusante, soluzioni esistono, basterebbe aver voglia di ascoltare] e si limita ad osservare da lontano le storture percettive dei suoi “fedeli”, le loro paure, il loro patemi interiori, la crescita di un ego che ha messo radici talmente in profondità che pensare ad estirpare risulta complesso se non addirittura utopico. [Forse anteporre i servizi, le collaborazioni a Dio da parte della chiesa non aiuta a ritrovare la spiritualità, si dovrebbe trovare un posto loro a latere del momento Dio, perché quel momento deve essere solo Suo, solo per Lui].

Il senso del giusto e dell’ingiusto, del bene e del male, dell’ onore altro non sono più che un graffito insignificante su una polverosa pergamena. Una pergamena che oggi più che mai andrebbe presa e letta con molta attenzione e forse aiuterebbe a riprendere la via maestra per il cambiamento … il dialogo con la propria spiritualità, con la propria Anima. Chiesa, è tempo di tornare ad essere Chiesa. [questa volta lo scrivo usando il maiuscolo] Girovago tra il mondo sportivo e mi accorgo che oramai certe “realtà sportive” nel loro essere blasonate impongono e gestiscono la vita dei ragazzi [fin dai 12 anni] ponendo 4, se non 5, allenamenti a settimana che oltre alla partita definiscono l’intera vita del ragazzo nelle loro mani esplicitando inequivocabilmente l’ impossibilità di altre passioni, tipo magari la semplice uscita in piscina con amici che non possono ovviamente esistere se non quelli dello sport praticato, tipo magari avere la musica come alternativa o altre passioni-hobbies. No, scuola, studio a casa e poi IO, IO che traduce lo sport che il ragazzo ha scelto negando qualsiasi ulteriore terreno di crescita. Vacanze di Natale? Vacanze estive? No. IO gli ha organizzato camp, amichevoli e via dicendo perché IO è il suo possessore, … “IO sono il vostro generale e voi siete i miei soldati e dovete obbedire” … sento da lontano “l’ allenatore” urlare ai ragazzi e medito, valuto il vocabolo e lo trovo piuttosto sconcertante. Provo a spostare lo sguardo su altro, osservo semplicemente il vero, [definito dalle stesse Federazioni Italiane] nessuna di queste “realtà sportive” forma e accresce le qualità del ragazzo che lì resta fintanto qualcuno meno peggio di lui approderà, poi addio, [vedere ragazzi 14 enni 15 enni seduti sempre per tutta la partita in panchina risolve molto bene l’attenzione ed il rispetto espresso] semplicemente troveranno una frase per salutare la sua vita che lui, purtroppo molto spesso, legherà poi a tutte le varie anomalie odierne, resterà senza amici, resterà senza sogni ma con la convinzione di non “essere”. Chiaro, l’ allenatore deve essere pagato e quindi gli devo far fare almeno 18 ore settimanali di “produzione”, ma che “produzione”? Cammino fra le strade dello sport, tra campetti e palazzetti e osservo ragazzi con doti proprie, istintivi orgogliosi e vogliosi di una propria identità, azzerati da quello schema mentale imposto dall’ IO e … peccato penso, qualità e atleti persi, poi la mente corre verso il futuro e leggo anche il fermo creativo, il fermo individuo del domani. Alcuni si avvicinano e mi pongono domande a cui rispondo impietoso “mi spiace ma correggere i difetti, oramai abitudine, implica troppo tempo ora” e spiego mostrando il perché del mio dire poi Youtube alla mano chiedo di leggere i loro beniamini NBA e confrontare il mio asserito con il muoversi di questi ultimi a certezza del detto ... faccio spallucce e … vendere il proprio essere e il proprio futuro per il proprio ego, un nome di ieri su una maglietta sbiadita di oggi resta tua scelta ragazzo, lamentarsi dopo resta tuo inutile. Vero che sport definisce impegno, vero che impegno definisce tempo e dedizione ma altrettanto vero che tempo deve definire crescita, miglioramento, evoluzione delle proprie qualità e doti, deve diventare sfida che significa superarsi ogni giorno, se così non è, come non è, allora forse andrebbe rivista la stranezza di vita promossa da questi “mondi” che le stesse Federazioni, ripeto, oramai urlano incapaci di formare atleti. [ma sicuramente capaci di sfornare altro] Il mio Mondo definisce come vincolanti 2 allenamenti a settimana offrendo la possibilità di fare altre ore durante la settimana a coloro che desiderano. [i giocatori giocano sempre col cuore non con degli schemi o imposizioni].

Continuo a vagare tra le strade e colgo il tempo perso del “passato” ad ascoltare partite, a leggere pensieri altrui sui quotidiani facendone esperienza vissuta propria e tramite queste “esperienze di vita” animare conversazioni che palesemente si basano su sentiti, su letti, su tutto fuorché sul vissuto reale, eppure dibattano. Non si accorgono che il proferito è vuoto perché il non vissuto e provato ad un certo punto muore, si ferma, non può più darti continuazione proprio perché non ne conosci la fine, e probabilmente neanche l’ inizio ne la trama, ne hai colto semplicemente un passaggio. Una storia può essere raccontata, interpretata, fatta rispettare/valere solo se vissuta direttamente perché solo così ne hai tratto insegnamento pagandone il negativo e assorbendone il positivo. Eppure tutti oggi si ergono a saputi, allenatori con 40 ore di corso, insegnati con 3 o 4 esami universitari nella materia insegnata e via dicendo ed ecco che questa “arroganza” contribuisce a partorire il difetto sociale di cui tanti dialogano, tanti sentenziano ma ben pochi, lo hanno vissuto e lo vivono, lo comprendono e riescono a tradurlo. Prendiamo ad esempio lo sport, quante volte sentiamo al bar criticare calciatori, allenatori … “io farei …” e in mente mia ogni volta che ascolto mi balena il pensiero che dietro ogni frase esista una storia vissuta poi osservo e comprendo che nessuno è mai stato calciatore o allenatore [e non intendo quello di 40 ore di corso], quindi nessuno sa realmente cosa, come e perché si muovono determinati equilibri eppure necessita far vedere di sapere, di essere tecnico. Esistono modi diversi per dipingere una tela. Tanti usano i colori definendoli importanti, io preferisco le sensazioni. Il mio Mondo, unito nella diversità.


Pensiero

Capitolo 7 - Conclusioni

"Ho viaggiato e per questo continuo a sperare nella formazione di un individuo consapevole, critico, pro-attivo che giocherà un ruolo importante nel mondo, essendo egli stesso protagonista e spettatore del Cambiamento, ora più che mai necessario”.

Se tutti descrivessimo il gioco di squallido potere di queste “realtà” sportive e non sportive, se le avessimo viste e comprese per quello che sono, fanno e danno a livello formativo ai ragazzi, se tutti avessimo il coraggio di dire basta, che è ora di finirla, probabilmente molte anomalie non sarebbero in aumento. Queste stranezze esi-stono e prolificano perché molti gli consentono di farlo e da questo punto di vista abbiamo una responsabilità gravissima, forse ne siamo complici. Distinguere le realtà sportive e non sportive buone dalle altre, sceglierle, selezionarle ma per riconoscerle bisogna cono-scere tutto quello che è successo nel loro storico, dietro le quite e così finalmente smetteremo di sorprenderci di quello che accade davanti, nel proscenio. Non ci sarebbe nulla di sorprendente in quello che vediamo per strada, nei campetti, nei bar e nei locali notturni, se conoscessimo quello che è avvenuto dietro le quinte. Anche gli orologi fermi due volte al giorno segnano l’ora esatta, ma questo non significa che funzionino. La violenza non è mai solo fisica, quella passa, è quella psicologica che resta e segna per sempre, è quella psicologica nel suo senso più lato che genera futuro “buio”, impoverimento culturale, disastro sociale [che è in continuo crescendo] è quella psicologica la più pericolosa seppur parrebbe essere quella presa meno in considerazione. I gruppi chiusi a setta, sfocianti in assenza di fantasia ed iniziativa trattanti sempre gli stessi argomenti che finiscono nell’impallidire, perdere freschezza e, soprattutto, profondità dell’anima, dovrebbe- ro rinnovarsi, dovrebbero trovare il desiderio di fare esperienze nuove e coraggiose. [vedi Oratori e chiesa]

Al "cresciuto". Credo che la solitudine intellettuale sia portatrice di “rancore ed invidie”, credo che la solitudine intellettuale sia portatrice di sfregio verso il più debole a testimonianza del tuo voler “mostrare” ciò che non hai avuto modo e capacità di creare. Credo che l’ egoismo infinito, unico scopo nella vita di certe illogicità, ne definisca il desiderio di elevare se stessi utilizzando ogni mezzo a disposizione, qualsiasi persona pur di affermarsi, di accrescere i propri meriti e onori [ancorché inesistenti] senza mai un gesto di sapienza, di conoscenza, di rispetto verso terzi. “L’ egoismo è ciò che nessuno ammette sinceramente, l’ egoismo è un rimprovero contro cui i più mediocri dei mediocri e i più aridi degli aridi si difendono appassionatamente, l’ egoismo è un sospetto contro cui i più meschini protestano disperatamente”. [Ref. Jankelevitch] Credo che se così interpreti ancora oggi la vita, avendone vissuta la maggior parte, come segna l’ orologio biologico, allora hai perso solo del gran tempo. Non hai costruito rapporti, non hai costruito dignità d’ anima, non hai dato vita al futuro e, soprattutto, non hai compreso il significato spirituale della vita. Alla sera della vita ciò che conta è il numero dei “grazie” che si è ricevuto durante il proprio cammino, il numero dei sorrisi e delle lacrime che sono state donate. Il resto è solo per coloro che dalla vita hanno desiderato cose, potere, superficialità. Io ho preferito creare emozioni.

Al "crescendo". Credo che la solitudine intellettuale sia portatrice di superficialità ed effimero, credo che la solitudine intellettuale sia appiattimento della dignità dell’anima che dovrebbe essere in continua evoluzione ed accrescimento. Definito dal semplice “ma li non giochi, non fai partite” [se fosse] oppure “io gioco a ...” [nome blasonato] riconoscendo come importante non la crescita e formazione della tua persona, del tuo Gioco e del tuo Saper Giocare dando, avverso, peso al semplice dedicare del tempo a fare un qualcosa, magari in “posti IN” che non esprimerà mai il suo reale contenuto un domani. Del resto la ricerca dei dettagli, la capacità di visione e di cogliere il celato, d’ interpretare i “profumi” e le “consistenze” del compagno o avversario oggi, del progresso tecnico e morale della tua complessità, del tuo essere che domani, affacciandoti nel mondo del “dover mostrare le proprie competenze e attitudini” non troverà verità, confinerà te stesso nel gradino tuo spettante in quel preciso momento negando le possibilità che forse avresti potuto, se costruitoti, vederti offrire. Scegliere le varie “illogicità” che il “Diktat”, nel suo senso più lato, cerca di proporti in-stupidiscono seppur nel momento stesso della conoscenza ti provocano sensazioni, emozioni che ad arte manipoli sino ad evocare soluzioni ai problemi, si crea un mondo reale solo per te che lo vivi, irreale per tutti gli altri compreso chi ne esce. Si simula tutto, simuli di crescere e non cresci, simuli di essere e non sei. Forse unico che ne gioisce è il “Diktat” che le propone in mille vesti, in mille modi sottili. Scelte. Decidi quello che vuoi diventare. L’ immaginazione è il più importante stimolo, richiede coraggio e impegno ma ti consente di decidere il tuo destino.


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