L'eleganza di un pensiero, uno sguardo sottile in Basketball Training Academy ad interpretare la realtà ben oltre la dimensione prosaica del visibile quotidiano.

La nostra Storia, il nostro fare, il nostro vedere lungo 40 anni, abbiamo voluto raccontarci per onorare il nostro quarantesimo Anniversario 1980-2020. Quel tradizionale volumetto, che abbiamo pubblicato anche sul web per divulgare e omaggiare il nostro percorso, in cui dovreste trovare una accattivante storia che racconti chi siamo e cosa facciamo. Probabilmente dovrebbe iniziare dicendo “Siamo un’ Accademia sportiva di grandi professionisti e da anni operiamo tra gli States e ...” oppure “il nostro basket è differente sia nel suo approccio sia …” poi magari qualche foto con famosi players NBA, qualche links a video di riferimento su youtube, qualche fotografia delle nostre sedi nel mondo, una mini descrizione storica di ognuno di noi allineate con frasi d’effetto “siamo sportivi dinamici, appassionati ... “ ... qualche coppa nelle vetrine per rendere felici gli esteti, una serie di fotografie degli atleti e delle squadre con almeno 4 o 5 tra allenatori e preparatori accanto, evidenziando se qualche ragazzo è approdato in serie interessante con testi ad elogiare lo stesso e noi stessi. Non scordiamo foto del pubblico, giocando ironicamente sul fatto che anche lui è parte della comunità sottolineandone la sua “importanza”. Ma non siamo consuetudinari e per questo motivo narriamo di noi in un linguaggio che ci appartiene sperando possa essere interpretato anche da coloro che dedicheranno del tempo per approfondirci perché non sarà con un’ altra presentazione uguale a tantissime altre che capireste come lavoriamo, cosa siamo in grado di fare e dove, soprattutto, possiamo arrivare nel formare gli atleti. [Written by Claudio Ciceri, Kevin Patterson, Adrien Roger] Reprint in 2023.


UNREAL COURT 

Prefazione

Ma questo è solo l'inizio della storia. Preparatevi a scoprire l'inaspettato

 “L’ Arte non è ciò che vedi ma ciò che fai vedere agli altri” [Edgar Degas] Vorremmo acuire lo sguardo del lettore ed indurlo a rallentare l’ abituale rapidità di lettura delle immagini sul campo con un approccio più dilatato e meditato.

Un viaggio introspettivo e spazio-temporale attraverso la scrittura caratterizzato dalla Bellezza - senza veli - ma dotato di un vocabolo tagliente attraverso il quale vengono proposti argomenti lapidari e illuminanti. Alla grande eloquenza a volte viene preferito il silenzio inteso come solitudine emotiva, capacità analitica di vedere i difetti, introspezione razionale sui problemi sia tecnici sia umani, negazione dell’amore per non rimanere condizionati. Elementi grafici come punto di riflessione in filigrana [se fosse cartaceo] e colore nero per trasmettere al lettore delle sensazioni profonde provate. Tra le tante riflessioni che traspaiono tra le righe emerge - il senso vero della Bellezza - un concetto che troverà risposta tra il detto e non detto nei vari capitoli e nelle ultime riflessioni.

Una lettura attenta della storia del layout per comprenderne i dettagli, giochi grafici, gocce che si trasformano in un'onda a ripetersi nel percorso di lettura ad intermezzo dei capitoli a significare la filosofia uniforme, ad evocare con suggestione la nostra passione e la sua forza insita in tutto ciò che proponiamo e coerente nei valori che appartengono al nostro DNA. Per la grafica del titolo abbiamo pensato ad una spruzzata di polvere dorata ad evocare, tra densità e leggerezza, un qualcosa difficile da illustrare, qualcosa d'importante quanto intangibile alla mano ma tattile all'occhio, un'esperienza straordinaria e che potrebbe sembrare disperdersi ai non attenti ai dettagli. Un colore, il nero, un nero non assoluto a sfondo della grafica utilizzata ad evidenziarne la rilevanza avocatagli.

Uno scritto fuori dall’ordinario come del resto è il titolo a cui abbiamo pensato per descriverci Unreal Court. Irreale, surreale traducono Unreal [court - campo] e crediamo siano vocaboli che ben rappresentano ciò che l’occhio coglie nella sua solitudine di pensiero giudicando da lontano. Contrapposto avvicinandosi sempre più se ne colgono i confini, la rilevazione ottica e mimetica della realtà non è più affare di un riferito, al contrario l’onere di interpretare la grammatica visiva passa ad un costrutto mentale che presiede alla formazione fenomenica ... si leggono i fatti a certezza delle parole e ... semplicemente ci s’innamora di questo strano, unico, straordinario Mondo. 


 Begin Chapter 1

Un rumore bianco che suona come un silenzio, un nulla prima dell’inizio per tornare a meravigliarsi della bellezza dell’ Anima che quasi invisibilmente si rinnova ogni giorno e ogni giorno racconta nuove Storie.


Il Campo da basket, un luogo non per tutti. Pochi ne interpretano i segni, li leggono e, soprattutto, li seguono. Non viene mai spiegato nel suo essere, nel suo definito. BTA - Basketball Training Academy non solo cerca di renderlo comprensibile, cerca di insegnare ad esprimerlo.

Viaggio nell’universo del mio e continue figure di pochezza appaiono a contaminazione dello spirito che nella sua solitudine, se non totale assenza, celebra la sua ira. Si notano, nell’immediato presente, l’egoismo e la frustrazione, egoismo del pensare al proprio senza avvedersi del contesto dove io è goccia, goccia in un oceano che pare inesistente, seppur nel suo essere infinito e la frustrazione, la rassegnazione e l’impotenza davanti al parlato quotidiano, scusate, all’ipocrisia del parlato quotidiano che davanti al debole palesa il suo scopo. Forse più che scopo sarebbe opportuno definirlo come debolezza, la debolezza di chi non essendo dialoga con la sua mediocrità e alla sua mediocrità. Viaggio e semplifico con vocaboli nudi e scene del visto un concetto tedioso, severo se lo si volesse porre a macigno sulla strada della conoscenza. Ogni volta che non prediamo posizione, qualsiasi sia il motivo e il suo risultato, definiamo la nostra carenza nella ricerca della bellezza, della nostra pochezza d’anima allontanandoci dalla strada della conoscenza. Si è portati a concepire il mio al di sopra di tutto e tutti. Nella scuola, nella società, nello sport odierno se ne palesano le anomalie sconvolgenti, piccoli omini di bassissimo livello socio-culturale, di assoluto zero spessore, che vendono tutti e tutto per innalzare il proprio ego, seppur privo di conoscenza e complessità. Purtroppo l’accettazione ne convalida l’abitudine, ne significa la validità dell’operato anche se nel parlato quotidiano se ne prendono le distanze. Che ipocrisia, che assenza di percorso della propria anima e, di conseguenza, di conoscenza nel suo senso lato. Mi soffermo un secondo al significato di conoscenza … “consapevolezza e comprensione di un fatto” … leggo sul manuale dei significati ma vorrei aggiungere una briciola di caratteri a questa definizione. Uso il termine briciola non a caso e vorrei se ne comprendesse la giustificazione. Conoscenza la inserisco a valore di crescita, crescita del proprio e percorso dovuto al suo raggiungimento se cercato. Cercato, strano suono organizzato, non se ne percepisce neanche più l’accento, neanche più l’immagine della nozione, scomparso nel suo significato se attenesse l’ anima propria, valido sempre più se concernesse l’avidità di possesso dove possesso definisce qualsiasi cosa legata al potere nel suo senso più lato. Da qui l’uso improprio del termine briciola, improprio forse nel registro della lingua parlata ma proprio nella sua esternazione di pensiero e di valore elargito oggigiorno dalla moltitudine, chiesa compresa accovacciata nel suo tradizionalismo esasperato seppur mancante di assoluta verità perduta nel trascorrere del tempo che pare ne abbia deteriorato l’importanza data dal suo stesso Creatore. Un’inerzia ed una inutilità dei suoi rappresentanti, quanto meno nella maggioranza, che trascorrono l’esistenza a cercare finzione e numeri sia festivi sia economici.

Chiunque freni “consapevolezza e comprensione”, qualsiasi sia l’ambito, scolastico, sportivo e via dicendo, determina violenza ad un’anima frenandone il cammino soprattutto nei giovani, frenandone l’evoluzione della loro personalità, pregiudizio che purtroppo resterà fisso nella memoria dell’anima annichilendone sempre più il significato. La Conoscenza deve partire da dentro, dalla mia anima e questo può accadere solo se io la rispetto, e ne esigo il rispetto, apprezzandone le qualità soggettive che della mia persona formano spessore e complessità, quell’immenso patrimonio genetico che il Creatore mi ha donato segnandone come fine ultimo il pensiero di utilizzo per la mia evoluzione come uomo e per seguire quel sentiero che Egli ha visto e pensato per me. Ora, ritirando dalla realtà il carattere dell’assolutezza del mio scrivere, avendo contestato la possibilità del libero evolvere verso il mio destino scritto nella sequenza genetica, delineo una componente specifica … la sinestesia - “percepire insieme” [ogni attività percettiva altro non è che un insieme di stimoli che eccitano più canali sensoriali]. Vorrei dare una struttura più profonda al modo di concepire la Conoscenza portandola su un livello percettivo di interazione e sovrapposizione incontrollata di più sensi, una involontaria e concreta esperienza sensoriale, quasi un riflesso dell’anima, una critica ai margini di quello che sono i sensi o di ciò che noi siamo soliti definire tali. Per poter comprendere quello che di seguito andrò a proporre, vorrei fissare nel lettore questa riflessione di parte, magari momentanea ma utile a decifrare un pensiero. Spesso scorgiamo qualità o doti in alcune persone che le portano ad essere diverse, pensiamo agli artisti in senso lato dove una semplice combinazione di sfere sensoriali li portano ad un potenziamento delle loro capacità percettive e di quelle legate, in questo caso, alla creatività. Queste doti possono essere allenate, modulate, affinate, contaminate. Contaminate dal nostro volere percepire, necessarie addirittura, concetto auspicabile se ne venisse desiderato un rilancio in termini umani, necessariamente etico-pratico-sociali e necessariamente storiche di quello spirito perduto che chiuse le porte dell’avvenire spirituale quale percorso dettato dal fine evolutivo dell’uomo, al fine di riaprire uno squarcio di sereno nel cielo attuale, uno squarcio che ci consenta di vivere, o ricominciare a vivere, nel suo senso più profondo. Proviamo a farci scivolare su un terreno incontrollabile e metafisico dove i nostri sensi, per come li intendiamo e conosciamo, si ampliano a misura infinita, dove senso e critica oggettiva diventano punti non assolutizzati consentendoci di negare le preoccupazioni del manifesto quotidiano, quelle effimere e astratte del nostro io che tanto ci coinvolgono nella dimensione materiale ma che altrettanto ci allontanano da quella spirituale che scrivo a traduzione di attenzione al mio vicino.

Non voglio dare soluzioni ad una “concretezza” di pensiero, semplicemente definire un’intuizione indeterminata che, proprio per il suo essere astratta, consente di inserirsi in una dimensione diversa, forse sconosciuta o forse conosciuta semplicemente per dottrina imposta, imposta perché oggi la spiritualità nel suo significato più estensivo, comprendente i valori che sono, no, dovrebbero esserlo in quanto lo erano, insiti anche nello Sport, viene imposta dalla catechesi fin dai primi giorni del nostro respiro ma anche liberalizzata dai fatti assenti di chi sull’altare del principio traduce parole fine a se stesse allontanando coi fatti la Conoscenza, una Conoscenza oggi amorfa, lontana, quasi inaccessibile, indeterminata, troppo remota dalla concezione iniziale proferita dalla sua Genesi. Ma voglio scivolare su quel terreno e contrastare quel Nulla trascendentale di suprema freddezza, incapace di inserirsi nel quotidiano, provando a rigenerare quella sfera di sentimenti umani, quei felici sprazzi di visione dell’Anima che resta unica interprete e forza della nostra spiritualità-attenzione. Mi preparo, mi vesto, se vestirsi fosse termine che mi appartiene, indosso la mia armatura lasciando le maschere ai terzi e comincio a camminare tra gli zombie comuni avvertendo l’odore acre dell’essenziale, o quanto meno dagli stessi creduto tale, e mi lascio andare per il pendio ampliando i miei sensi. Scivolo e mi ritrovo in un mondo irreale dove si manifestano concetti di uso comune qui quanto invisibili da dove ho cominciato a lasciarmi cadere. Scorgo strade, palazzi, monti e mari e scorgo l’inaspettato, un campo da basket, un campo irreale se trasposto dove poco fa iniziavo a scrivere, un campo libero da preconcetti, libero da ego frustrati, libero, libero … mi appartiene e vorrei definirvelo. Ogni ragazzo a cui sia negata un’opportunità di esplorazione del mondo inteso in senso lato comprendendo palesemente esplorazione di se stesso, è un’anima che rischiamo di perdere molto in fretta e non riteniamo sia una scelta auspicabile. Il nostro futuro è lui domani. Ogni adulto che arrivi a considerare questi contenuti bazzecole, a pensare che la vita vera si debba racchiudere nel suo di lui ego, nel suo di lui potere, nel suo di lui volere, senza porsi tante domande sul suo agire, è certamente un’anima persa. Noi crediamo che ogni ragazzo sia un dono da preservare e formare senza imposizioni, se non i valori, senza limiti alcuni a privazione della sua personalità. Se fin da piccoli ci avessero insegnato a fare percorsi seri e importanti sulle varie forme di capacità dove capacità assume forma e significato inserendosi nel segmento a cui vogliamo dare spessore, nella fattispecie lo sport e dove sport prende significato anche di vita, se ci avessero aiutato a seguire e a formare quella capacità in cui la nostra vocazione e passione, dote e personalità si esprimevano meglio, quanto più evoluti, quanto più campioni saremmo? Sembra incredibile eppure è verità provata, testata, vista e capita, sembra incredibile, eppure parliamo di noi, di tutti noi, ragazzi di oggi e ragazzi di ieri. Quanto potenziale abbiamo dentro diventa imperativo porsi a domanda di futuro. Nel nostro cammino abbiamo colto nei segnali di apatia scolastica, di noia sociale, di conflitti vari adolescenziali il problema, un problema legato alla mancanza di una vera libertà mentale, di una libertà d’anima, libertà di essere, libertà di provare e capire, libertà di cogliere se stessi sicuramente con le sue mancanze che ancora devono trovare equilibrio, di guardare avanti anziché al passato, di guardare e sognare senza la presenza della frustrazione di un ego che ne privi il dinamismo. Se ancora non si è giunti a comprendere questo forse due domande su dove stiamo andando diventa imperativo porsele, forse una riflessione positiva e un metodo nuovo di approcciare alla vita altrui andrebbero ricercati altrove e diremmo anche molto presto, il ticchettio del tempo non si arresta.

Attraverso il campo da basket noi esaminiamo opportunità, metodi e concetti che possono tornare utili a chi cerca la liberazione delle potenzialità della sua persona sia fisiche sia mentali. Sentire il bisogno di libertà nel corpo e nella mente diventa punto di partenza. Libertà oggi sopita in un angolo del proprio intimo, se ne avverte solo il borbottio perché la libertà è qualcosa che veramente puoi sentire, puoi apprezzare e attraverso il campo da basket cerchiamo di restituirti quel senso di auto realizzazione essenziale alla formazione, la realizzazione del tuo essere che ti permetterà di farla diventare uno stile di vita, non più semplicemente uno stato fisico, come concepito oggi socialmente, ma una condizione mentale, esistenziale, senza la quale ti sentirai privato dei tuoi sogni. Oggi il campo da basket diventa non-libertà e oggi l’atleta l’ accetta senza lottare per essa. Tempo fa lessi da qualche parte “si muore da vivi e si vive da morti”, quanto riflettere bisognerebbe su frasi di questo tenore, non ce se ne accorge logorati dall’effimera interpretazione materialista che ci hanno insegnato come essenza di libertà, eppure ... Noi attraverso il campo, quelle righe, quelle diagonali, insegniamo percorsi di crescita personale, di viaggi alla ricerca di creatività e personalità che rendono te ragazzo unico. La libertà, la libertà mentale [e riporto definizione della stessa di Nietzsche, “senso che si prova a stare sopra le nuvole”], la libertà di essere se stesso, di sentire il campo, ne definirà la prestazione richiedente serenità e concentrazione, ne esploderà l’emozione contaminandone la postura, la corsa, le scelte, il proprio essere atleta in tutta la sua essenza. Nessuna realtà, forse pochissime che in un discorso in senso lato dove la maggioranza ne detta l’assoluto scompaiono nello zero dovuto in discorso, beneficia l’atleta di un allenamento alla libertà creativa, alla sua individualità, alla sua vita futura. No, non parliamo di concetti, parliamo di campo, parliamo di vita, parliamo della nostra e della tua vita, di te come persona unica. Noi prendiamo gli atleti e li guardiamo, li ascoltiamo, ascoltiamo cosa hanno da dire di nuovo e di buono, guardiamo i loro occhi curiosi al mondo, speranzosi e sognanti, studiamo percorsi per liberare le loro potenzialità e far germinare il loro destino qualsiasi esso sia. Noi proponiamo programmi di allenamento che coinvolgano crescita personale, nel senso estensivo del termine, e che andrà a lavorare su varie espressioni dell’Atleta, mentale, fisico, tecnico, posturale e via dicendo. Siamo convinti che non sia mai importante cosa si fa ma come lo si fa. Un vero allenatore deve ascoltare sempre le melodie che vengono dal cuore dei propri atleti. Un vero Atleta non deve entrare in un digiuno comunicazionale diventando così frutto di un copione scritto da altri se desiderasse crescere nello sport prescelto, se desiderasse che il gioco diventi [e uso il presente] espressione di sé e non privazione dei suoi sogni. Il nostro campo propone spazi per la creatività, la libertà di scegliere e di sentirsi liberi, di comprendere le sue linee. I marcatori diventano evidenze, le diagonali e gli angoli diventano posizione, formano IQ, quell’istinto e capacità di adattarsi a qualsiasi situazione, al di fuori di inutili schemi che da noi non trovano spazio [molto poco ad essere sinceri, fatto salvo lo schema mentale] essendo impostati mentalmente alla creatività del singolo ed alla sua capace interpretazione del momento. Non soffochiamo l’istinto, lo premiamo, lo instradiamo, ne catturiamo la bellezza e lasciamo l’artista dipingerlo sulla tela rettangolare affinché possa diventare arte per coloro che osservano dallo spalto chi ne disegna l’ astrazione delle sue forme. Definiamo concetti, non regole, insegniamo ad avere una mente aperta perché una mente aperta fa si che tu possa apprendere ciò che ti piace ed aggiungerlo a ciò in cui credi e questo ti conduce al passo successivo, farlo tuo e di riflesso ad imparare come si vince. [Da sempre, i campioni sono i giocatori che conoscono il significato di innovare e di rischiare]

…”e non privazione dei suoi sogni” … scrivevo qualche riga sopra e vorrei soffermarmi riprendendo alcuni concetti, non regole, concetti seppur basati su pilastri molto fondati. La paura imposta dall’ego panchina genera angoscia, genera vergogna, genera paura di confronto [in fondo se parli o fai ciò che ego non permette non giochi], arresta potenziali campioni ed il campo ne palesa subito il disastro, ne palesa tutta la violenza. Tornando a quel valore e spiegazione di “libertà” evidenziamo che quasi sempre le paure sono costruite e ci vengono imposte tramite soffocamento della nostra personalità per la salvaguardia del famoso io panchina … che pochezza. Una cultura che cerchiamo di eliminare in chi l’ ha respirata usando tecniche di Yoga e Filosofie Orientali tipo il Kaizen che traduce il continuo miglioramento. La chiave di lettura di questo principio, in cui ci siamo imbattuti anni addietro durante un nostro viaggio in Oriente alla ricerca di Tea è cercare di essere sempre migliore, non importa quanto piccoli o grandi siano i passi che fai, imparando sempre, crescendo e migliorando se stessi in ogni modo possibile. Un’idea che deve essere sempre in fondo alla nostra mente. Il Gaman, anche essa filosofia orientale che significa sopportare o tollerare qualsiasi avversità che entra nella tua vita. Sii forte e concentrati su ciò che stai cercando di realizzare. La vita può essere molto difficile a volte ma questo valore deve tenerti concentrato e conscio del fatto che tutto passa. Insegna la capacità di resistere alla sottomissione che va contro i propri principi e di perseverare fino a quando l’obbiettivo è raggiunto.  Crediamo che allenarsi senza paure ed ansie sia possibile, crediamo che creare un gruppo vincente su un campo da basket sia possibile, crediamo che allenarsi altro non debba essere che vivere un momento sereno dove il devo vincere o il devo fare bella figura agli occhi dell’ego - e mai ai miei - e il non sbagliare altrimenti vengo punito non debba esistere.

Il campo, per noi, è integrità, fiducia in sé, empatia. Integrità che traduce mantenere la tua persona fedele alle proprie convinzioni, ai propri valori morali o principi. Riteniamo sia una parte importante della propria identità, quel qualcosa che ti consentirà di restare coerente coi tuoi principi qualsiasi sarà il fattore di influenza e la sua forza. Fiducia in sé ... una delle cose più importanti che abbiamo appreso nella vita è che l’unica cosa su cui abbiamo il totale controllo è noi stessi. Avere la capacità di trovare la propria strada e fare affidamento sulle proprie capacità di fare le cose è essenziale. Empatia che definisce la capacità di comprendere le sensazioni di un altro. Questo valore richiede pratica continua, esperienza e sensibilità nel migliorare. La nostra percezione delle cose, e quindi anche del gioco, è sempre unilaterale ma il campo non lo consente, il campo necessita, impone di considerare le prospettive dei compagni, ammesso si voglia giocare veramente al Gioco. Riassumendo il Campo è linee, diagonali e angoli segnati a terra e nell’astratto, il Campo è Empatia, Integrità e Fiducia segnati nel cuore e nella testa del Giocatore il resto ... è altro. Tu vali per quello che sei, per ciò che pensi e per quello che puoi dare e darai in campo sia che tu riesca o ci provi perché per noi Tu sei Tu a prescindere. 


 Begin Chapter 2 - Theory of image - Teoria dell'immagine

Se un’immagine vale mille parole, che valore hanno le nostre Storie “fotografiche” caratterizzate da parole ed immagini ...


Vorremmo provare a tracciare il futuro del Gioco attraverso la storia dell’arte, attraverso la creatività narrando del lontano, del contemporaneo e del venturo. Scorgendo un mondo di ineffabile bellezza di corpo, di movimento, di trascendenza verso un’anima ispiratrice, di complessità davanti a noi, cerchiamo semplicemente di riprodurlo o di formarlo seguendo strani sentieri labirintici, imprevedibili come l’Amicizia, autentici come la coerenza, composti da incantesimi quotidiani che solo una mente vivace sa creare ma che sapranno coinvolgere chi avrà la possibilità e la capacità mentale di percorrerli. Partiamo da lontano consapevoli che la creatività, in senso lato tra cui si evidenzia anche l’inventiva, da sempre è parte del nostro vivere e da sempre delinea il futuro dell’uomo. Nel lontano le forme sono primitive, appena delineate dal sentimento espresso ma intrecciate con una specie di magia, o almeno così a noi appaiono nelle pitture rupestri, sui muri delle caverne dove le immagini rappresentavano la prima parola, la prima sillaba, un tratto verso gli alfabeti. Era la creatività di allora che portava la sua storia fino a noi. Col tempo l’estro si raffina, la creatività crea nuove tecnologie, raggiungiamo la prospettiva. La distribuzione degli oggetti nello spazio elimina la metafora di ieri e da spazio ad una visione più chiara, il centro della scena si assottiglia, deve essere indicato in modo più sottile. La profondità si allunga, il mondo è ora nelle nostre mani o almeno nel nostro pennello che arresta il tempo ... il pittore, l’artista o almeno colui che ieri veniva definito tale. Dal pittore, almeno come noi lo conosciamo e definiamo oggi, la creatività ci regala altri strumenti quali la macchina fotografica che fa la visione prigioniera, ferma l’istante con una immagine impeccabile della realtà valendosi semplicemente di uno strumento meccanico. Se un artista è giudicato, in buona parte, capace tanto quanto la sua rappresentazione pittorica è in linea con il visto dell’occhio, con la verosimiglianza con il reale, con la misura con cui ha riprodotto ciò che l’occhio umano ha visto, cosa accade nell’attuale momento storico quando premere un pulsante immortala la rappresentazione di ieri senza sfumatura alcuna, così chiara, nitida, senza non verità. Forse l’arte così intesa perde significato, diventa inverosimile, senza alcun futuro? Non riteniamo sia così. Crediamo l’arte sia duratura, troppo accorta e indispensabile per lasciarsi soffocare da una cosa tanto semplice quanto la rappresentazione di un momento ottenuta con un semplice click. Si modifica, si rigenera, trova nuove forme e nuove idee, si trasforma in creatività intellettuale, creatività vitale. Il creativo crediamo sia colui che esplora non tanto la realtà quanto la percezione narrando la storia di un momento. Come si colloca il Gioco in questa lettura singolare dell’arte è presto spiegato. Siamo dell’opinione che l’atleta sia un’artista, in quanto crea ed interpreta, il campo la sua tela, la sua creatività il suo pennello e con questi strumenti dia confine e spessore alla sua percezione del Gioco, confine e spessore alla sua Storia. Questo è il nostro Basket. La capacità di espressione creativa forma oggi l’atleta nel Gioco ma forma anche al domani, perché l’acquisizione di mentalità positiva e dinamica sarà anche compagna di vita nel suo avvenire portandolo a concepire una vita sempre protesa al futuro dove il passato diventa semplicemente esperienza e non fine con cui continuare a rapportarsi e a dialogare. [e spesso purtroppo è così]

Crediamo in un basket conciso e complesso, armonico e disarmonico, ampio e creativo a seconda delle situazioni e del momento più appropriato ad ogni scena sul campo. Ad ogni scena, infatti, corrisponde uno stile che le conferisce un tono caratteristico seppur a volte non completamente omogeneo ma è parte dell’artista, del suo creare, del suo linguaggio, del suo interpretare. Consideriamo la creatività e l’intelligenza tattica come definizione di atleta. Creatività sempre più significativa negli sports, sempre più definizione di campione, quella capacità di analisi in situazioni complesse, quella capacità di sviluppo di soluzioni versatili, a volte straordinarie. Una creatività, come in precedenza scritto, che nella vita sarà espressione di capacità nel trovare sempre la soluzione ideale ad un dato problema, creatività che consentirà all’atleta di anticipare mosse future dell’avversario, di essere sempre un passo avanti a lui. Creatività da noi cercata, pretesa, controcorrente al mondo che la definisce insolita, preoccupante, in quanto mina la figura del non capace a formare. Quell’unicità, rara sicuramente se non coltivata, flessibile, originale tanto quanto le soluzioni adeguate al momento particolare che faranno dell’atleta la differenza in campo. Riteniamo che la creatività possa essere insegnata, formata, sviluppata e per questo, siamo propensi a dividere in due segmenti il nostro approccio d’allenamento. Il primo, creatività come dote propria dell’atleta di cui esaminiamo meccanismi e processi psicologici nella situazione di allenamento che lo portano ad idee creative e queste condizioni cerchiamo di guidarle alla loro massima espressione. Il secondo, creatività come talento da formare al di fuori della genetica, cerchiamo di svilupparlo negli atleti creando condizioni di allenamento atte a implementare la creatività con diversificazione, intenzionalità e pratica soggettiva. Ecco allora che prevenzione [focus sulla responsabilità e valori] e promozione [attenzione alle aspirazioni] diventano focus di allenamento, generano creatività ed oggi sono sempre più consolidate come supporto empirico nel campo delle attività cognitive e delle impostazioni legate allo sport. Crediamo che oggi “l’istruttore”, generalizzando, propenda a dedicarsi alla completa apatia del fare, acquisendo tramite la macchina la preparazione insegnata, lasciando ad essa tutto il decisionale, istruendo e formando, ma la macchina, gli automi hanno impostazioni predefinite che non riescono a leggere il corpo del singolo, ne la sua essenza, semplicemente non toccano la sua anima e quindi robotizzano tutto annichilendo le menti degli atleti, rendendole inferiori in tutti i modi a quello che invece avrebbero dovuto, e potuto, essere. Questa l’oscurità incombente, questa la fine del Gioco, questa l’elevazione del fallimento dell’ego assoluto di chi nella macchina ha trovato la sua costruzione essendo però mancante la verità. Questo il futuro verso cui oggi il Gioco marcia, un mondo in cui tutto è soddisfatto da Youtube, dalle App, letteralmente da una progenie di divinità che parlano lingue sconosciute non interpretando l’essenza del Gioco vero, le sue dinamiche, le sue posture, i suoi spazi, le sue diagonali, i suoi angoli. L’allenatore diventa distrazione reale, diventa a sua insaputa, mancando completamente di “visione umana” e capacità, la macchietta di lettura, il sorriso di chi a casa legge l’app, o il link, in anteprima, semplicemente una creatura saccente delle prestazioni più basse in qualsiasi compito che in precedenza ne elevava il titolo. Non più necessario per progettare e costruire nuovi atleti ma semplicemente per robotizzarli, farne una macchina non pensante uguale a tutte le altre compagne di squadra. Pensiamo che la biologia debba essere superiore alla macchina e la macchina semplice strumento di aiuto, la tecnologia quale emulazione di base dell’esercizio tecnico, costruzione di un modello da plasmare sul corpo dell’atleta singolo a capacità della biologia che ne disegnerà i progressi reali dell’anima.

Siamo consapevoli dell’eleganza dell’intelligenza tecnologica, ma un’eleganza che deve restare esterna ai confini del corpo umano, un’eleganza evidente, posta in gioco non solo come possibilità di trasformare ed arricchire l’ambito delle conoscenze tecniche, ma per mettere in discussione la capacità dell’istruttore che deve essere unico nel collocarne sia il percorso sia le previsioni perché allenare Atleti oggi deve essere capacità, creatività, deve essere la nostra essenza e questa ci differenzia dall’unica cosa che pare essere scomparsa dal mondo del Gioco: il nostro pensiero. Contrapposto il mondo sotto di noi si oscura, si è mal equipaggiati per entrarci e sempre più complesso diventa immaginare come parteciparvi, come potremmo equipaggiarci per tornare a vivere il Gioco. Siamo convinti che necessiti tornare all’artigianato nel mondo del Gioco, e qui noi ci evolviamo, ancorché seduti, arroccati sulla curva finale di una caduta esponenziale stante la convenzione standardizzata italiana, considerato il dibattito pubblico moderno sull’arrivismo e incapacità, quei dibattiti intrattabili sul futuro del Gioco [urlato, solo urlato, dalle federazioni italiane] resi ancor più complicati dagli interessi e dall’ego della coscienza e del pensiero che sono racchiusi dentro ogni moderno allenatore. In fondo è un codice di sopravvivenza che difficilmente verrà risolto perché metterebbe in discussione un intero sistema di vera abbondanza dell’io, un fare che giustifica spesso la propria vita. Confidiamo nella tecnologia come opportunità per combinare la visione artificiale con l’esperienza della persona che forma, con la sua abilità di trasformare i dati in reali benefici per l’ atleta. Confidiamo nei cambiamenti e conversioni necessarie affinché i veri valori del Gioco ritornino ad essere normalità e non oscurati da un torrente in piena che travolge qualsiasi cosa cerchi di coltivarli. Esiste il seme della purezza, ognuno lo possiede, necessita semplicemente la voglia di coltivarlo, di liberalizzarne le potenzialità e l’autonomia.

Il processo dinamico, quell’adattarsi a fattori “stressanti”, a condizioni diverse, [e lo sport crea infinite sfide a cui gli atleti vengono sottoposti] definito come “resilienza”, [quella capacità di un individuo di affrontare e superare un evento o un periodo di difficoltà] palesa i fattori psicologici degli atleti [personalità positiva, fiducia, concentrazione e supporto sociale dell’intera squadra] che oggi offuscati, o peggio negati, dall’ego di allenatori alla ricerca del proprio podio, restano negativi e “violenti” in coloro che dallo sport traggono il peggio. Uno stile di vita ove vengono estremizzate esigenze di competizione, di pressione, di stress, sia fisici sia mentali, da quella spasmodica ricerca del successo che non guarda mai indietro, non guarda mai ai danni prodotti sugli atleti, [colpevoli semplicemente di non essere alti e grossi] ricerca semplicemente la propria coppa anche a discapito della “vita” psicologica dei ragazzi scartati solo per inadeguatezza all’io allenatore. Noi crediamo che la forza mentale sia un vantaggio psicologico, sia esso naturale o sviluppato tramite allenamenti emozionali, che permette ai ragazzi di affrontare i propri avversari sul campo di gioco oggi, sul campo della vita domani. Coerenza, fiducia, controllo e determinazione, concettualizzati e definiti sotto forma di emozioni, emozioni positive che solo grandi allenatori, umili allenatori sono in grado di costruire. Molte le parole arroganti usate oggi dalle società sportive in cerca di potere, pochi i fatti reali se non costruiti dal possedere il meno peggio, se non fornendo emozioni negative. Siamo consapevoli che le emozioni negative siano parte del formare, siamo certi che perdere sia emozione negativa, sia tristezza, siamo certi che negativo sia il senso di colpa per aver violato uno standard di comportamento e così via e siamo certi che queste emozioni negative abbiano il potere di motivare e regolare tutto ciò che è cognitivo, fisiologico e comportamentale. Siamo certi che insultare e negare miglioramento non sia emozionare. Siamo convinti che la percezione di sé produca mutamenti nella relazioni, nella filosofia di vita per cui must diventa l’emozione positiva, caratteristica fondamentale del processo sia di adattamento sia di crescita dell’essere atleta. Riteniamo che esistano vari livelli di emozione che corrono paralleli a interazioni dinamiche, vedi allenatore-atleta durante un campionato. Il primo ricerca, quasi sempre, il suo podio come ben dimostra la stampa e i comunicati stampa delle varie società sportive, quell’esaltazione del proprio come a giocare lui contro l’allenatore avversario a discapito della formazione dell’atleta che mai ha imparato, semplicemente deve mostrare accettazione psicologica e grande struttura fisica. Il secondo, alla ricerca di crescita e formazione futura, spinge per trovare emozioni positive ma troverà solo reazioni eccessive e movimenti ingannevoli che provocheranno tendenze e prestazioni controproducenti nell’atleta. Noi crediamo nella nostra filosofia emozionale, una filosofia chiave di molte emozioni, una tendenza all’iniziativa che prepara automaticamente l’atleta al gesto, un qualcosa di funzionale al raggiungimento di prestazioni e obbiettivi. Noi crediamo che lo sport debba trasmettere emozioni forti positive, che debba tener conto del fattore cognitivo [conoscenza tecnica e consapevolezza del proprio fare nello sport praticato] e questo deve essere allenato perché la cognizione ha un ruolo di primaria importanza nell’attivazione delle emozioni positive e noi, a tutto questo, dedichiamo tempo e risorse. Abbiamo imparato a leggere il linguaggio del corpo, la reattività dell’atleta, abbiamo imparato l’ascolto e a monitorare le reazioni, condividiamo esperienze, promuoviamo l’indipendenza dell’atleta sviluppando fiducia e rispetto nella relazione Atleta-Allenatore, creiamo opportunità e forniamo allenamenti dinamici veri, reali, privi dell’io definiamo obbiettivi, perfezioniamo tecniche di rilassamento perché se è vero, come è vero, che l’emotività esercita azione determinante nelle scelte che facciamo, diventa palese il significativo ruolo dell’emozione, completamente antitetico al controllo, [che altro non è che la spasmodica ricerca della sicurezza e della padronanza sulla realtà e sulla vita altrui, un bisogno che nasce dalla paura e alla fine genera manie ed ossessioni] nel muovere il mondo, nel creare gioco, nel creare un individuo conscio delle proprie attitudini e di riflesso in grado di fruirne nelle scelte che compie in campo.

Parafrasando, usando un linguaggio della grande moda, BTA crea pezzi unici di colore audace, raffinati nel design ed eleganti nell’espressione. BTA è l’arte e l’iniezione di un barlume di umanità in un mondo sempre più duro ed artificiale. BTA si concentra su pezzi da amare che sopravvivono alle stagioni. 


 Begin Chapter 3 - La Scelta - Training Theory - Teoria dell'Allenamento

La narrazione in tempi antichi era un evento, oggi è un modo di vivere. Oggi tramite i social noi interpretiamo il personaggio principale in una storia attentamente costruita della nostra stessa vita con un controllo massimo su tutti gli elementi. Noi immaginiamo che il mondo che stiamo costruendo, e nel quale la storia andrà a vivere, sia davvero solo un altro modo di guardare quella storia. È il nostro modo di raccontare la nostra storia dentro quella di qualcun altro affinché diventi reale e non artefatta.


I colori dell’anima null’altro che i colori di quell’arcobaleno di chances che ci diamo o prefiggiamo rispetto a tutto ciò che di infido si presenta sul nostro cammino. Un’anima che lo Sport dovrebbe formare e ascoltare al di sopra “del proprio” se veramente ne fossimo interessati. Negare miglioramento, negare evoluzione ma ascoltare il proprio podio diventa standard quotidiano in molte strutture sportive. Certamente quasi tutti gli allenatori hanno intolleranza predefinita verso la mediocrità. Urlare, punire, togliere al primo errore, umiliare, non genera che distruzione psicologica. La punizione, tanto amata da molti allenatori, definirà solo paura e non concentrazione durante la gara. [come si può volere capacità in campo se giocano con la paura di essere tolti?] Crediamo che sia compito del vero allenatore motivare, spingere regolarmente un atleta fuori dalla sua comfort-zone fino a fargli raggiungere il suo livello massimo nelle abilità. Gestirne i fallimenti e gli errori influenza la motivazione dello stesso fino a fargli raggiungere la capacità di gestione della pressione, della competizione. Chi trascura il "debole" a vantaggio del suo ego, definisce inevitabilmente la fine del suo essere allenatore. Siamo convinti che il fallimento, l’errore sia il primo gradino verso il successo, sia il primo step verso il dirottamento emotivo. Abbiamo un approccio rilassato verso l’errore che permette ai giocatori di rimanere concentrati nel flusso del gioco. Riteniamo che l’anima sia la cosa più importante. La fuga dallo sport e l’ormai conclamato indirizzo verso stranezze, trova radici radicate anche nell’organizzazione della società di gioco dove, per il raggiungimento del successo dell’ego, si promuove stress psicologico, si limita l’identità personale impedendo ai ragazzi di avere un controllo significativo sulla propria vita. Siamo convinti che le esperienze sportive debbano essere integrate nella vita del ragazzo e non dominanti, noi lasciamo evolvere in autonomia senza i consueti vincoli di usurpazione e di intenso coinvolgimento nello sport scelto. La fine dell’atleta, e l’orientamento verso stranezze, spesso è dovuta alla presa di coscienza, purtroppo sempre molto tardi, della propria identità sportiva che viene percepita come unilaterale e unidimensionale creata da terzi contrapposta alla mancanza assoluta di quella propria. Cerchiamo di sbrogliare la matassa di storie di ipocrito egoismo, ignoranza, disattenzione all’altro, al ragazzo, specie se sensibile ed eccezionalmente dotato, cerchiamo di sbrogliare la matassa dove vige la legge della sopravvivenza del mio a tutti costi che schiaccia i più deboli ed indifesi con l’illusione dell’effimero.

Il limite mentale, una definizione che spesso esce dalla sua coerenza e lo ritroviamo in una assenza di sequenze e di colori insito nel nostro quotidiano. Quasi nessuno lo legge, semplicemente ci si adagia nella sua convenzione, nella sua consuetudine, senza avvedersi della sua escalation. Il tuo camminare ce ne segnala la presenza, il campo la certezza. La competenza della struttura sportiva lo dovrebbe interpretare e nell’esercizio tecnico riformarlo, allenarlo portandoti positivo sul campo da gioco. Poca oggi l’attenzione al fattore primario dell’essere giocatore, del cercare d’essere un campione “alcuni atleti hanno ciò che serve, altri no”esterna la visione passiva delle abilità mentali, una visione pessimistica e riduttiva alla natura umana se, come noi, si considerasse l’atleta essere prospettiva di crescita e linguaggio di apprendimento e sviluppo. Emozione, sicurezza interiore, fiducia in se stessi, gestione dello stress … “non mi chiedevo più cosa fare o come farlo - tutto era automatico” … diventano fondamentali per una buona prestazione sportiva e queste devono essere allenate in quanto una semplice ricerca di padroneggiarle spesso crea risultati opposti con conseguenza il trovarsi indifeso alle emozioni. Ritenendo che la forza mentale possa essere gestita esattamente allo stesso modo della forza fisica, abbiamo creato un allenamento, il Mental Training, finalizzato ad aumentare le abilità di comportamento, attitudine e strategie mentali tramite modelli motivazionali, acquisizione di abilità, programmazione di obbiettivi, strategie competitive e concentrazione, un cambiamento poi riscontrabile e visibile nella vita di tutti i giorni. Gli effetti positivi di un allenamento mentale richiedono tempo prima di essere visibili e potrebbero causare un calo di performance iniziale. I risultati giungeranno appena strategie e abilità mentali si integreranno diventando il modo naturale di pensare, di sentire, di vedere e di comportarsi. Se è vero, come è vero, che questi fattori-attitudini-sensazioni-concetti psicologici fungono da fattori protettivi contro il potenziale effetto negativo causato dallo stress allora diventa vero che influiranno nella valutazione delle sfide che gli atleti percepiranno facilitando prestazioni sportive ottimali con determinazione, concentrazione, fiducia e auto-controllo sotto pressione. Il condizionamento fisico potrebbe scomparire rapidamente al termine della carriera atletica, mentre l’allenamento mentale può creare un condizionamento mentale che dura per tutta la vita. 

Più le cose cambiano, più restano gli stessi. Frase complicata essendo bivalente nel suo tradotto come del resto lo è il basket dove non esiste giusto o sbagliato. In una introduzione continua di nuove tecniche, nuove tattiche, che porta il basket ad un continuo cambiamento, restare gli stessi potrebbe sembrare errato come inadeguato potrebbe apparire modificarsi insieme alle nuove opzioni che il momento offre. Il dettaglio di questa espressione, che abbiamo raccolto curiosando in un discordo tra coaches negli States, crediamo sia fondamentale per approcciare al continuo evolvere del Gioco. Quarant’anni di vita sul campo ci hanno consentito di studiare le verità universali di ciò che nel basket funziona al di sopra delle nuove tecniche o tendenze e indipendentemente dal livello di competizione, portandoci a dare priorità ad una cultura che avrà sempre un impatto importante sul successo finale dei nostri programmi. Un’enfasi speciale è posta sulla relazione con gli atleti perché anche se le personalità di ogni generazione cambiano nel tempo, esistono punti immutabili. Allenare è un lavoro duro quando i ragazzi fanno uno sforzo per imparare. Quando non fanno nessuno sforzo, è impossibile.
Un pessimo allenatore impone. Un buon Allenatore propone.
Un pessimo allenatore fa affidamento sull’autorità. Un buon Allenatore si affida alla cooperazione di tutta la squadra.
Un pessimo allenatore dice io. Un buon Allenatore dice Noi.
Un pessimo allenatore crea paura. Un buon Allenatore crea fiducia.
Un pessimo allenatore sa come. Un buon Allenatore mostra come.
Un pessimo allenatore crea risentimento. Un buon Allenatore genera entusiasmo.
Un pessimo allenatore corregge la colpa. Un buon Allenatore corregge gli errori.
Un pessimo allenatore fa fatica ad allenare. Un buon Allenatore rende l’allenamento interessante.

Più controllo non è la soluzione Quando i problemi diventano critici, gli allenatori coinvolti diventano disperati e cercano una soluzione rapida alla loro situazione. Sembrerebbe che la soluzione ai problemi di carenza e incapacità sia semplicemente trovare modi migliori per controllare i ragazzi. Oggi nelle palestre è normale sentire Io sono il capo, io comando, o fai o ti butto fuori, o fai ciò che dico o non giochi ma è evidente che l’unica persona responsabile del suo apprendere è l’atleta, lui costruisce il suo apprendere per se stesso. Gli atleti non possono essere costretti ad apprendere, se soprattutto non credono nel detto che oggi, come già scritto, trova verità oggettiva su youtube e vari social, ne possono essere costretti a comportarsi in un certo modo. La scelta di come comportarsi nella vita e in campo è proprio questa, una scelta. Ciò che un eccellente allenatore deve fare è insegnare ai ragazzi come fare scelte migliori. Purtroppo la visione riduttiva della figura allenatrice che non riesce a creare stima nella sua figura, usa la coercizione anziché le emozioni. Le emozioni hanno i loro percorsi di memoria, creano significato e guidano l’attenzione. Cosa significa? La ricerca scientifica oggi suggerisce che le emozioni aiutano a dare significato all’apprendimento, orchestrano la nostra attenzione e le nostre priorità. Per rendere l’idea, pensiamo a tutto ciò che è, per noi, emotivamente forte, il nostro cervello ne elaborerà una corsia preferenziale a livello memonico, quindi a livello di ricordo e di conseguenza un più veloce apprendimento. Evidente che la coercizione o qualsiasi forma di impatto negativo, elevati livelli di stress porteranno ad una caduta sistematica della capacità cognitiva con una defezione dal buio generante e con una deviazione verso le problematiche giovanili di cui non voglio dilungarmi essendo palesi oggigiorno a tutti. Ritenere non reali questi effetti, palesa la cecità e superficialità della visione passiva che ritiene insignificante l’influenza di eventi sociali, quali lo sport, nella causa/effetto delle problematiche. E’ oramai provato che il cervello elabora, e di riflesso si modifica in base a, queste esperienze. Il vero allenatore deve fornire opportunità e soluzioni, creatività ed emozioni, come è nostra filosofia da sempre, per far si che le scelte siano le più appropriate ma sicuramente non può ne farle per loro ne imporgliele. Noi cerchiamo di proporre una Choice Theory, una Teoria di Scelta che vada a toccare vari punti tra cui fondamentale è la Relationship infatti lavoriamo per essere insegnanti attivi e allievi attivi perché tutti imparano, direttamente o indirettamente, da qualcuno. Senza quest’approccio tutto diventa nullo. I punti che andiamo a toccare sono: 1) l’apprendimento collaborativo, 2) programmare obbiettivi di qualità, 3) sviluppare il classico “can-do”, l’attitudine a “saper fare”, 4) programmazione individuale, 5) coinvolgimento dell’atleta nella sua valutazione e altri punti soggettivi a seconda dei casi. La teoria della scelta nel nostro Mondo significa rafforzare e non scoraggiare perché questo rende facile il raggiungimento dell’obbiettivo. Crediamo che aprire la strada ma non condurre fino alla fine senza gli sforzi dell’atleta renda quest’ultimo più riflessivo. Preferiamo guidare anziché trascinare perché questo produce armonia. La teoria della scelta consiste nel saper applicare nel miglior modo possibile le proprie virtù, le proprie capacità tecniche e non, al Gioco. Siamo convinti che esistano molte virtù in ogni atleta ed è evidente che queste possano essere raggruppate in un unico grande insieme teso verso l’ottimale. Non neghiamo la tripartizione delle virtù [conoscenza o razionale, irascibile, desiderabile - Platone] ma preferiamo lavorare su una teoria della scelta scevra da compromessi confidando che la parte razionale riesca a dominare e a controllare la parte tendente alla esclusiva soddisfazione materiale, definendo nello sport conoscenza come passione entusiasmo e volontà e soddisfazione materiale tutto ciò che alla conoscenza è antitetico perché siamo convinti che i valori dello sport e l’essere parte di quel rettangolo di Gioco trovino significato solo con la conoscenza. A valore di questo concetto, sicuramente di parte ma segue quello che per noi è pilastro filosofico di vita, vorrei riflettere su alcuni passaggi che tra le righe lette vengono spesso ripresi seppur in modo celato.

Tutto il nostro sport, il nostro basket, parte da un sogno o desiderio o ambizione ma qualsiasi sia il termine che andiamo a prendere certezza è che sogno forse ne interpreta meglio la partenza. Sogno nasce dall’intimo, nasce dalla mia anima e a volte l’anima s’innamora di un ideale. Un risvolto difficile da comprendere per chi del concreto effimero ha fatto vita, per chi della solitudine visiva ha fatto pilastri della sua esistenza. Solitudine per convenzione è definita come l’isolarsi dagli altri esseri umani e quindi ecco crescere la finzione, l’esteriorizzare, il finto comunicare per fuggirla. Genericamente oramai postare proprie foto sui social a ricerca di consenso è normalità ma normalità è anche scorrere il dito sullo schermo cliccando il famoso like senza neppure leggere o capire il contenuto, il significato della fotografia in sé, semplicemente a velocità della luce si scorrono le foto e like like like tanto è vero che i commenti, a parte qualche emoticon, sono diamanti rari. Quanto si è soli nella verità, quanta pochezza e quanta mancanza d’anima, quanta frustrazione ed insicurezza. Parimenti esiste la solitudine positiva che è forza, quel pervadente senso di lontananza che ci costringe a riflettere e a riconoscere chi intorno a noi è, o non risulta, in risonanza, ci consente di allontanarci da relazioni tossiche, da situazioni negative per fare spazio a un qualcosa di più congeniale al nostro vedere, un qualcosa o qualcuno di più compatibile. Molte volte la paura della solitudine, e si è quasi sempre molto soli, non ci concede di cancellare le vibrazioni negative, non ci allineiamo con noi stessi e il viaggio introspettivo viene meno. Lo definiremmo come trascorrere la propria vita alla ricerca di un esterno senza valorizzare la propria persona. Sarebbe vivere per un ego che concentra tutto sul materiale e senza dubbio l’educazione / formazione proposta, anche a livello sportivo, a questo è indirizzata, l’esterno, il materiale, l’effimero. Ma alla fine tutto si sbriciola, il concreto svanisce e noi ... noi, semplicemente, rimaniamo senza supporti reali. Sperimentare la solitudine acuisce il tuo interiore, ti mostra le enormi forze che hai dentro e cominci a guardare alla vita dalla ricerca di un interno, finalmente diventi indipendente, libero da stereotipati concetti, libero di esprimere i tuoi valori senza la paura di perdere qualcosa perché le cose sono semplicemente cose … quello che conta sei tu.  

Questo è un percorso complesso da spiegare, complesso da allenare ma non impossibile, semplicemente necessità una grande visione da parte di chi allena. Ritorniamo ai sotto capitoli precedenti, tutto è legato, tutto è Teoria dell’allenamento, tutto è Teoria della scelta. La visione passiva di chi progetta la costruzione di un pensiero negativo basato sull’esaltazione materiale definirà la solitudine che ricerca l’esterno anziché l’interno ponendo fine alla celebrazione dei valori che del singolo fanno persona, fanno giocatore in campo nel caso del Gioco. Noi sosteniamo la solitudine verso l’interno, noi costruiamo mediante yoga o pensieri che in oriente generano cultura, vita e filosofia da sempre, una solitudine positiva, una solitudine sapiente ed essenziale che non esprime esteriorità contrapposto interpreta riflessione, silenzio ed introspezione. Una solitudine a sottrazione dal rumore dell’anima, un momento di grande formazione [dal libro La Vita, lo Sport ed il suo “Stercus”] perché formare un io altruista, sicuro, indipendente e forte, darà al campo giocatori che saranno parte di una squadra orientata a vincere. Con la solitudine inizi ad entrare verso l’interno, ti guardi e ti connetti su piani diversi, ti costringe a risvegliare le tue doti che diversamente rimarrebbero riluttanti nell’essere espresse. Torni a guardare alla tua anima, a relazionarti con lei ed ecco che i sogni tornano ad essere presenti e forse … anche più raggiungibili. E se esiste una solitudine positiva e una solitudine negativa che interagisce con la prestazione in campo, esiste anche un’esigenza fisica ed un’esigenza fisiologica a livello di allenamento e di competizione invisibile nelle strutture sportive odierne dove unico fine non è formazione, salute e futuro del ragazzo ma esaltazione del suo di lui ego panchina. Noi, a differenza e stranezza, controcorrente a tutti i paladini del vuoto ci istruiamo e cresciamo in tematiche valorizzanti il futuro, investiamo in tecnologie, limitate dal costo nel pensiero del soldo padrone che ne sconta l’assenza davanti alla genesi dell'uomo in divenire che esce sconfitto da colui che sponsorizza solo l'economicamente sensato. Da qui un’analisi futuristica a tinte scure. L’ignoranza conclamata della panchina [in fondo 40 ore sono quelle necessarie a diplomare allenatore in italia] che genera patologie future nell’oggi ragazzo non è in grado di cogliere la differenza tra preparazione e competizione tanto meno qual’è la principale componente di condizionamento venendo meno la periodizzazione e la singolarità / unicità creata sul singolo atleta, quella famosa scheda inesistente essendo necessario tempo dedicato e capacità tecnico-atletica. Forse semplicemente fruire di in altro vocabolo da noi riconosciuto quale must, il rispetto nel ragazzo nel suo addivenire di uomo fisico e mentale, diventa verità. Vorrei entrare in momento in una specifica analisi cui forse pochissima attenzione desta oggi nonostante la sua importanza. [I problemi futuri sono solo tuoi ragazzo.]

Noi usiamo sensori intelligenti indossabili che forniscono studi e dati sulle esigenze fisiche e fisiologiche durante gli allenamenti venendo poi riconosciuto quale e quanto, è l’approvvigionamento di energia richiesto durante la competizione [richiesta di ossigeno prevista dalla frequenza cardiaca] e altri dati importanti essendo il basket sport dove è richiesto all’atleta di esercitare forze in azioni dinamiche isolate o combinate e in azioni isometriche. Un telerilevamento della frequenza cardiaca fornisce stime in tempo reale e questo monitoraggio offre all’allenatore l’opportunità di modificare l’intensità o la durata di una sessione di allenamento. Consci che l’intensità della competizione può essere quantificata, e non mi dilungo in tediose argomentazione tecnico scientifiche non essendo questo il luogo, resta palese che è possibile progettare e costruire allenamenti su misura che riproducano situazioni similari. Il basket si è evoluto, almeno oltralpe, i giocatori diventano più atletici, più veloci contrapposti a chi ancora legge la fisicità come base fondamentale e salvaguardia della carenza allenatrice … ”ho perso perché gli avversari erano più grossi” … fantastica la macchietta inconcludente pur essendo visivo e reale la sempre più assenza nel basket vero dei centri. Spariscono gli Shaqs, gli Alonzos, i Wilts dando spazio all’aggressività nel suo senso più umano, non volgare e violenta, semplicemente più creativa, tecnica, razionale. La grande tecnica porta le squadre NBA ai vertici del campionato, Allen Iverson fa storia, Reggie Miller e molti altri … là, in quel mondo, nel mondo della ricerca tecnica e di non fisico cercato e prodotto fino all’esasperazione dal non cosciente e non sapiente.  Noi sposiamo la grande tecnica, la grande personalità, la grande creatività, la grande umanità … noi sponsorizziamo la tua grande complessità. Alleniamo a questo fine mettendoci in un angolo durante il match lasciandoti mostrare, disegnare la tua arte, lasciandoti comprendere gli errori coi quali ci confronteremo al successivo allenamento. I migliori maestri, nelle arti e nei mestieri, sono quelli che sanno come incoraggiare, stimolare e governare quel processo intuitivo che porta ad una soluzione inaspettata. Eleganza, nel suo senso più lato, e funzionalità sono parti indissolubili di un insieme. Ciò che conta è capire che emozione e ragione non sono separabili. La percezione è un insieme e deve essere capita come tale. Una comunicazione efficace di un allenatore deve soddisfare le esigenze del pensiero razionale e, al tempo stesso, quelle delle caratteristiche atletiche e del sentimento. E’ illusorio sperare che un’idea valida, o un momento di autentica creatività, spunti casualmente dal nulla. C’è un lungo e un profondo lavoro di preparazione per arrivare al punto in cui la sintesi risolutiva emerge in modo apparentemente spontaneo. Creatività è uno per cento ispirazione, 99 per cento esperienza, sensibilità ed attenzione ai valori umani. 


 Begin Chapter 4 - To be us

... “Non basta guardare, occorre guardare con occhi che vogliono vedere, che credono in quello che vedono.”  ... [Galileo Galilei]

Dinamismo. Una visione lunga 40 anni che ci fa tirare le classiche linee o somme che interpretano la nostra lettura della vita. Il dinamismo del momento di crescita forma definizione dell’essere domani e tale corso lo scorgiamo sul campo da gioco, ne cogliamo l’importanza o l’assenza. Quando il ragazzo vive in ambiente dinamico, sia esso famiglia sia esso background del suo quotidiano, la vitalità dell’anima diventa visibile in tutto. Il campo lo legge fin da subito, ne interpreta la creatività, la voglia e l’intensità di evolvere. I gruppi di ragazzi volti al movimento futuro abitano l’allegria, la sintonia con tutto ciò che li circonda e vivono con l’avidità di conoscere, la curiosità di capire, antitetico a chi vive nel fermo di oggi se non addirittura di ieri, in un ambiente monotono e qualunquista che genera freno alla vivacità e i risultati vengono palesati dal campo, dalla scuola, dal quotidiano. Con questa trasposizione dello standardizzato, stereotipato, ci muoviamo in continuo alla ricerca di quell’intensità d’anima che fornirà, o almeno l’intento è questo, un assaggio di vita in movimento che per chi la vive sempre diventa prolungamento, per gli altri diventa apertura ad un mondo diverso affinché la possibilità di modificare il proprio vissuto sia concreta. Ci permettiamo evidenziare a te lettore quanto significativo è, e non uso il sia, accrescere la gioia di vivere dei ragazzi, la loro curiosità, la loro fantasia, contrapposto al far vivere loro l’atrofia di un passato che non hanno vissuto, che non gli appartiene. A loro spetta il futuro e a questo devono protendere altrimenti sottolineare una loro inefficienza sportiva, scolastica o altro diventerebbe riduttivo. Formare un carattere forte basato sui valori che nello sport traducono futuro, che devono essere modellati sull’essenza, sulla personalità, sulla complessità dell’atleta, assume il significato di una struttura quale la nostra dove diversità non è errore, dove personalità non è paura, dove capacità non è affronto ne sfida, semplicemente diventano contributo. La voglia di vivere il momento intensamente senza lasciarsi trasportare dalla corrente del vissuto per passaggio dovuto lo significhiamo con elaborazione di progetti nella realtà economica, di qualità sportiva, di qualità del trascorso al fine di dare un senso al ticchettio del tempo che non si arresta mai … perderlo non ha senso. [e non usiamo il condizionale]

Amicizia. Il nostro strano Mondo è alla ricerca continua e perenne dell’Amicizia, quella magnifica forma d’Amore, l’ago della bussola che non dobbiamo mai far oscillare, ne andrebbe della nostra moralità, il filo conduttore della nostra stessa esistenza, uno dei sentimenti più belli e più rari che esistano. Tante le forme di amore che possiamo trovare sul nostro cammino ma l’Amore dell’Amico vero, a differenza di altri modi di amare, racchiude, nel suo significato, nel suo peso, tutti i valori che dell’uomo dovrebbero fare verità. I difetti li scorge, non li nega, semplicemente li accetta e diventano strumento di differenza positiva a completamento dell’anima di chi ha la fortuna di viverlo. Su questo scomparso sentimento costruiamo progetti coi nostri ragazzi, la nostra essenza sportiva, il nostro futuro. Non esiste nulla di meglio che guardare gli occhi dell’Amico e sognare e costruire insieme il domani. Nelle successive righe desideriamo raccontarvi gocce di uno straordinario domani.

Chris & Aaron [Chris Van Loon Class of 1995 - Belgium - PF /// Ala Grande - Aaron Davidson Class of 1996 - England - PF /// Ala Grande] nel 2008 danno il loro nome al negozio online di gastronomia edonistica lavorando sulla grafica del sito per continuare negli anni a seguire sempre più la parte di ricerca e conseguente scelta di qualità da inserire. Oggi entrambi universitari, girano il mondo alla ricerca di sensazioni, aromi e design di packaging, [perchè il buono deve essere racchiuso nel bello], da offrire ai Clienti che li seguono in questa avventura. chrisandaaron.co.uk

Kevin Patterson [Class of 2000, USA - PG /// Playmaker] amante della bevanda più popolare al Mondo, inizia collaborando con Chris & Aaron alla grafica del sitoweb e a comprendere le varie logiche che esistono dietro ai prodotti alimentari. Nel 2017 crea una propria linea di Tea seguendone le miscele, il packaging, la grafica sul sito. Oggi universitario, insieme a Chris e ad Aaron “conosce” il Mondo cercando d’ interpretarne, coi i suoi Teas, i profumi, la sua Gente e le Loro usanze. La collezione Kevin Patterson è più di un tea, è un viaggio che risveglia il tuo desiderio di esplorare e scoprire. chrisandaaron.co.uk

Dennis Mac Andrew [Class of 2002, Scotland - SG-SF /// Guardia-Ala Piccola] amante del prodotto da forno, della pasticceria di cui cerca di apprenderne i segreti studiandone le sfumature, nel 2018 da vita alla sua collezione di Cookies, tipico biscottone carico di entusiasmo che rispecchia la tradizione Anglo Americana. Ne crea il marchio, la grafica del sito ed impara a leggere l’ingrediente nel suo essere rappresentante di qualità. chrisandaaron.co.uk

Adrien & Stefan [Adrien Roger Class of 2001, France - PG-SG /// Playmaker-Guardia, Stefan Jensen Class of 2000, Finland - PF /// Ala Grande] amanti dell’estetica, del Mondo e della fotografia, nel 2016 danno nome e vita, affiancandosi a Professionisti di livello Mondiale, ad adrienandstefan.co.uk un nome affermato nel mondo eventi di lusso and Interior Desigh di lusso dove la capacità di immortalare momenti e ricordi ne definirà nel tempo quel cuore giovane ma attento che è parte del crescere in un Mondo dinamico e fatto di dettagli. Oggi sempre più inseriti nella lettura dell’evento ed attori attivi nell’ interpretarne il senso e sempre più in grado di apportare contributi significativi alla sua creazione. adrienandstefan.co.uk 

Al momento BTA - Basketball Training Academy è impegnata con i suoi Ragazzi in altri due progetti nel mondo economico:
1 - nel campo energie alternative creando strutture in partnership con Demetra Ltd. Dublin,
2 - nel campo Pubblicità con un’idea innovativa depositata negli Uffici competenti a tutela dell’ingegno e creatività, che presto andrà a cercare posizionamento sul mercato
.

Un Mondo in movimento dove sport è parte di un passaggio formativo dell’essere uomo compiuto un domani. A significare che seguire i propri sogni, le proprie aspettative diventa possibile e, forse, anche creatore di dinamiche di cambiamento del domani, un domani sempre più impoverito dalle stranezze che invece oggi lo sport fa crescere davanti agli occhi di chi non vuole vedere. 


 Ringraziamenti


Pensiamo che il momento sia importante in una fotografia, una fotografia di successo è una sorpresa. Pensiamo che le fotografie migliori siano come poesie, sono cose nella tua testa, nella tua anima, nei tuoi sogni. Alcune persone possono raccontare una intera storia in un’immagine. Si tratta di mettere insieme le cose, la capacità di raccontare qualcosa di più, di raccontare una storia, la tua storia sul campo da basket.

Il viaggio verso la creazione di BTA è stato influenzato, arricchito dall’energia positiva e dall’incrollabile sostegno di amici, allenatori e appassionati di basket e con profonda gratitudine alcuni vorremmo celebrarli qui:

una dedica speciale va a Claudio che ci ha insegnato il valore dell’amicizia, ha guardato il gioco conquistarci e ci ha dato il nostro primo assaggio di vero basket, che continua a trovare il tempo per rispondere a ogni messaggio, a ogni chiamata, sostenere ogni nostro sforzo e cammina sempre con noi per celebrare un viaggio che non avremmo mai potuto immaginare.   

Jim Shannon, Ganon Baker, Greg Kampe, Micah Lancaster, Joe Wootten, Ed Tseng, Steve Christiansen, Phil Martelli, Keith Dambrot, Bo Ryan, Rick McGuire, Hubie Brown, Larry Shyatt, Matt Woodley, John Pigatti, Craig Doly, George Barber, Frank Fraschilla, Bob Hurley e molti altri per gli ineguagliabili consigli. Alcuni sono diventati amici, altri compagni di viaggio, con tutti abbiamo trascorso molte ore sul campo del Gioco, con tutti abbiamo inseguito lo stesso sogno, la stessa passione e tutti sono una costante fonte d’ispirazione e confronto. Tutti gli Allenatori che oggi collaborano con noi e tutti coloro che ci hanno seguito durante questi anni lavorando in e per BTA.  

Vorremmo dedicare questo momento anche all’intera Famiglia Basketball Training Academy che ha costantemente mostrato interesse verso il nostro lavoro e ci ha sempre spronato ad andare avanti, per la fiducia accordataci e per aver fatto di BTA il proprio riferimento sportivo-formativo. BTA è cresciuta oltre le nostre parole e valori iniziali grazie ad un formidabile Team, senza queste persone entusiaste non avremmo mai potuto diventare ciò che oggi siamo. Crediamo che alla sera della vita ciò che conta siano il numero dei grazie che si è ricevuto durante il proprio cammino. Non abbiamo mai pubblicato quante coppe abbiamo vinto o quanti campionati internazionali perché quelli li vincono i ragazzi sul campo. Alla società o all’allenatore restano i sorrisi, le lacrime, gli abbracci e i grazie donati dai ragazzi a definire quanto vale e per questo vorremmo menzionare alcuni ragazzi italiani che in un paese pieno di pregiudizi ci hanno accolto istintivamente: Lorenzo Maspero per il riconoscimento e la stima mai negati, Filippo Attolini per lo sguardo attento e per il confronto sempre trasparente, Simone Brioschi per l’Amicizia dedicataci e l'attenzione donata al nostro Mondo, Simone Mastore per aver compreso a fondo la filosofia di BTA, Paolo Viganò e Roberto Rapelli per averci vissuto senza ascoltare i pregiudizi, Francesco Barreca e Gregorio Braga che nonostante la giovane età non hanno mai nascosto un grande affetto e ci hanno sempre donato un sorriso sincero. Una dedica speciale va anche alla palla a spicchi che rotolando e rimbalzando, è giunta nella nostra vita dando vita ad un viaggio fantastico che dura da anni ... e quando torni da un viaggio simile non sarai mai come quando sei partito.

A special shout-out for their true Friendship - Jacques Martin, Kristian Heikkila, Evan Blaine, Joel Bertrand, Ralph Hale, Tom Nowak, Dylan Anderson.

 HEARTFELT THANKS TO

Thank you all for your support, and thank you for taking the time to explore our World, we love you all.

with love
BTA Team 


 Ending - Re-think Tomorrow

The future is a door, the past is its key.

 

... “C’è tanta gente infelice che tuttavia non prende l’iniziativa di cambiare la propria situazione perché è condizionata dalla sicurezza, dal conformismo, dal tradizionalismo, tutte cose che sembrano assicurare la pace dello spirito, ma in realtà per l’animo avventuroso di un uomo non esiste nulla di più devastante di un futuro certo. Il vero nucleo dello spirito vitale di una persona è la passione per l’avventura. La gioia di vivere deriva dall’incontro con nuove esperienze, e quindi non esiste gioia più grande dell’avere un orizzonte in costante cambiamento, del trovarsi ogni giorno sotto un sole nuovo e diverso …” ...  [Dal film - Into the wild]

BTA è la ricerca di un basket sempre nuovo, perché il basket è una porta attraverso la quale si entra in un mondo inesplorato che sembra un sogno. Molti vedendo i ragazzi, “lavorando” coi ragazzi parlano di “confini”, noi crediamo che esistano solo nella mente di alcune persone, quelle che non sognano, che non vedono, che non colgono. Un buon allenatore non dovrebbe esibirsi, affermare, dettare, ma tacere, ascoltare e comprendere. Dovrebbe rinunciare al “quotidiano” per lo straordinario seppur ancora non visibile perché i ragazzi si portano dentro, da sempre, un sogno e un sogno di questo tipo si alimenta di passione, di emozione, di avventure vissute da altri e di cui loro si sentono partecipi nell’oscurità della loro camera. Un sogno non finisce mai, forse finiscono i sognatori ma anche loro possono sempre prolungarsi in memoria, in ricordo, in narrazione. Quando finisce un sogno ne comincia un altro. Bisogna ricominciare a sognare, sempre, perché sognare è dare un senso alla propria vita.

 

Ognuno di noi può essere paladino di se stesso, basta desiderarlo.

Fine primo tempo ...